Musica per una notte

L’avventura di una notte e un programma radiofonico

Da una settimana quella trasmissione radiofonica era diventata un mio ascolto fisso. L’ascoltavo mentre mi spostavo in auto, da un cliente all’altro. Non sempre riuscivo a sentirla tutta. Era una classica trasmissione in cui due voci, una maschile e una femminile, chiacchieravano del più e del meno, di fatti del giorno o no, alternandoli a brani musicali e qualche telefonata dal pubblico.

Quella mattina la voce della deejay donna annunciò l’argomento del giorno ed io appena lo sentii decisi di accostare in una piazzola. Non volevo perdere il resto della trasmissione a costo di arrivare tardi dal cliente.

“Oggi parliamo di quello che gli americani chiamano one-night-stand, ovvero le avventure sessuali che durano lo spazio di una notte. Incontri con sconosciuti o sconosciute che si trasformano in serate passionali. Vi è mai capitato? Come sono finite? Sono state indimenticabili notti romantiche oppure disastrose esperienze tragicomiche? Chiamateci e raccontateci le vostre esperienze allo zero-sei-quattro-cinque…”

“Noi vi racconteremmo le nostre esperienze… se solo ne avessimo… ehehe” intervenne il deejay uomo.

“Parla per te.” commentò lei facendo la maliziosa.

Poi lui annunciò una canzone per introdurre il tema e partì “Get Lucky” dei Daft Punk.


Ero a quella festa a casa di amici in cui non conoscevo praticamente nessuno a parte il padrone di casa. Anche lei era a quella festa ma conosceva praticamente tutti, tranne me.

Penso fu quello a far sì che si avvicinasse a me. Era una persona curiosa, una a cui piaceva sempre conoscere qualcuno di nuovo e forse anche il fatto che io me ne stavo un po’ sulle mie, che quando mi fu presentata non dimostrai di riconoscerla.

Lei era Daniela, mi fu detto. Lavorava in radio, aveva scritto un libro, forse potevo averla vista anche in televisione a condurre un talent musicale. Io scossi la testa dicendo di guardare pochissima televisione e quindi mi scusai di non averla riconosciuta.

Daniela era una bella ragazza mora di qualche anno più giovane di me, aveva sicuramente superato i trenta, forse era anche più verso i quaranta, ma li portava sicuramente bene.

Tante persone in quella festa cercavano di parlare con lei, sia perché era spigliata e simpatica come si addice a chi lavora tutti giorni con le parole in radio, sia perché era sicuramente la più famosa a quella festa e la celebrità attrae sempre.

Io invece, non essendo minimamente interessato a questo aspetto, la ignorai e lei, quasi per reazione mi si incollò e volle parlare e sapere tutto di me. Dopo diversi minuti mi resi conto che il resto della festa non c’era più: eravamo io e Daniela che parlavamo di tutto. Lei era una ottima conversatrice, io invece no, ma lei era talmente brava che riuscì a farmi chiacchierare di tutto.

All’inizio non pensai che lei stesse flirtando con me, pensai che quello fosse il suo atteggiamento naturale: molto caloroso, molto confidenziale e un po’ ammiccante. Era bella, sapeva di esserlo e sapeva metterlo in evidenza. Pensai lo facesse con naturalezza, non con un secondo fine, però l’effetto c’era. Sicuramente mi piaceva, sicuramente ero colpito e attratto da lei e sembrava che per lei fosse lo stesso, ma poteva essere soltanto il suo modo di mettere a loro agio le persone.


I due conduttori della radio introdussero l’argomento leggendo alcune statistiche che erano state pubblicate da un giornale di gossip sulla fedeltà degli italiani, sulle loro scappatelle, sui loro incontri di una notte con sconosciuti.

L’atmosfera era allegra e non condannava certo questa abitudine anche se era condita sempre da battutine e allusioni.

Daniela aveva una voce un po’ diversa in radio rispetto a quella che avevo conosciuto dal vivo, ma probabilmente è così per tutti. La sua spigliatezza, la sua capacità di parlare di qualsiasi argomento era invece la stessa, sia in radio che di persona. Ci sapeva sicuramente fare, aveva la battuta pronta e non era mai troppo banale.

I conduttori invitarono nuovamente gli ascoltatori a mandare le loro esperienze con messaggi o telefonate e lessero i primi messaggi giunti in redazione. Poi partì la seconda canzone ed io presi in mano il telefono, soppesandolo in modo pensieroso.


Daniela sembrava apprezzare il mio senso dell’umorismo. Rideva molto, a volte forse anche troppo a qualche mio commento non convenzionale su qualcosa che lei affermava.

Eravamo seduti su un divano in un salottino, un po’ in disparte rispetto al resto della festa. La musica, proveniente dalla zona del terrazzo, ci giungeva soffusa. Attorno a noi ogni tanto passava qualcuno per rifornirsi da bere ad un tavolo vicino.

Mentre parlavamo e bevevamo Daniela aveva ad un certo punto appoggiato la sua mano sulla mia coscia e da quel momento l’aveva raramente tolta. Anzi l’aveva pian piano avvicinata alle zone più intime. Sembrava averlo fatto con naturalezza, non con malizia. Era una di quelle persone abituate ad avere contatti fisici mentre parlava con la gente, l’avevo notato anche mentre salutava gli altri invitati alla festa. Mi ero anche domandato come facesse quando era in radio, anzi mi ero detto che probabilmente la ricerca di contatto era proprio una reazione al suo parlare spesso senza vedere i suoi ascoltatori.

Facevo questi pensieri mentre avevo la mano di Daniela sulla parte alta della mia coscia e poi ad un certo punto feci una battuta. Lei reagì con una grossa risata rumorosa e teatrale, buttando la testa all’indietro e poi ricadendo in avanti. Nel fare questo secondo gesto la sua mano si spostò e per qualche istante, molto breve ma allo stesso tempo significativo, si appoggiò sul mio pacco, tastandolo a mano aperta.

Poteva essere stato un gesto involontario e casuale. Forse lei neanche se ne era accorta. Era stato veloce, però era anche sembrato deliberato e la mano non era rimasta inerme.

Quando smise di ridere ci guardammo negli occhi. Daniela sembrò impassibile come espressione, non lessi malizia nei suoi occhi, però mi diede l’impressione di avermi guardato volutamente per studiare la mia reazione.

I casi erano due: o era successo per caso e neanche se ne era accorta, oppure l’aveva fatto apposta e poi volutamente aveva fatto finta di niente il che rendeva il tutto ancora più studiato e con un secondo fine.

Dunque ero lì a quella festa che chiacchieravo con una bella ragazza che mi aveva appena tastato il pacco. Il mio cazzo un po’ si era gonfiato in seguito a quella stimolazione e soprattutto a quei pensieri sulla volontarietà o meno dell’azione. Passai il resto del tempo a fissare Daniela per vedere se il suo sguardo si spostava ogni tanto verso il mio pacco. Non ne fui così sicuro ma mi sembrò che, soprattutto prima di bere dal bicchiere i suoi occhi si abbassassero nella direzione giusta.


Il programma venne interrotto da un breve aggiornamento sulla situazione del traffico sulle autostrade e poi si passò ad ascoltare le prime telefonate.

La prima fu una donna che raccontò di come l’esperienza di una notte con uno sconosciuto la portò dopo poco tempo a sposare quello stesso sconosciuto. I due conduttori gioirono e applaudirono per l’esito di questa vicenda.

La seconda fu invece una studentessa universitaria che raccontò di come poche settimane prima si fosse portata a casa un bel tipo, lo avesse fatto accomodare in camera mentre lei era andata un attimo in bagno a sistemarsi e poi al suo ritorno lui stesse beatamente dormendo sul letto e lei non avesse avuto il coraggio di svegliarlo. Le risate in studio si sprecarono insieme alle prese in giro per quel tipo.

Io composi il numero della radio. Feci un sospiro e presi coraggio e chiamai. Mi rispose la voce di una ragazza della redazione del programma mentre dalla radio usciva la musica dell’ennesima canzone.


“Ti chiedo troppo se ti chiedo di riaccompagnarmi a casa?” mi domandò Daniela mentre la festa cominciava a scemare e i primi invitati se ne andavano, dopo che ebbe saputo che non ero venuto lì in taxi ma che ero con la mia auto.

Io acconsentii. Non mi dispiaceva farlo. Mi piaceva Daniela. L’unico mio dubbio era quali fossero le sue vere intenzioni. Voleva proseguire la serata da lei? Era quello un modo per invitarmi o per vedere se mi facevo avanti? Oppure era una semplice richiesta di favore in amicizia? Non sapevo come mi sarei dovuto comportare, dovevo essere bravo a cogliere i segnali che lei mi avrebbe mandato per non fare figuracce.

Mentre guidavo verso casa sua, abitava in una zona abbastanza centrale della città, il suo atteggiamento non cambiò molto ed io non mi chiarii le idee su quali fossero i suoi piani. Parcheggiamo e la accompagnai fino al portone.

“Vuoi qualcosa prima di rientrare? Posso offrirti un caffè.”

“Beh, di sicuro non altro alcool, direi che ne ho bevuto abbastanza questa sera. Un caffè ci starebbe anche se non sono abituato a prenderlo prima di dormire.” risposi.

“Ho anche il decaffeinato, se vuoi. Ho una macchina per il caffè in casa che lo fa benissimo.”

“Ok, grazie.”

E così salimmo da lei. Stretti nell’ascensore del vecchio palazzo Daniela mi sorrise, come aveva fatto per tutta la sera, ma a quel punto pensavo di aver capito come si sarebbe conclusa la serata. Anche il mio cazzo già dava segni di vita, speranzoso.

Mi fece accomodare in un bell’appartamento un po’ spoglio. Si era trasferita da poco, mi spiegò, aveva ancora molti scatoloni da svuotare. Mi sedetti sul divano e mi disse di aspettare che sarebbe tornata con i caffè.

Ed in effetti dopo pochi minuti ricomparve sulla porta del salotto. Riuscii a dissimulare la sorpresa che mi generò la sua comparsa: Daniela, infatti, era completamente nuda, con le tazzine in mano. Tutto il gioco del palparmi distrattamente il pacco era dunque voluto e se lei allora aveva finto indifferenza ora toccava a me. Rimasi impassibile, come se fosse tutto normale. Lei si avvicinò, mi porse il caffè.

“Non ho messo zucchero.” mi informò.

“Va benissimo.” risposi io.

Eravamo in piedi, uno di fronte all’altra. Bevemmo il caffè e poi appoggiammo le tazzine sul tavolo. Mi chiese se mi era piaciuto e poi elogiò il gusto che aveva scelto per lei.

“Posso assaggiarlo?” feci io. Lei annuì sorridente. Io mi chinai verso di lei e la baciai in bocca, sentendo il gusto di caffè tra le nostre lingue attorcigliate.

Limonammo per alcuni lunghi istanti mentre lei mi slacciò la camicia e poi armeggiò con la mia cintura. Poi io completai la svestizione della parte di sopra mentre Daniela mi abbassava pantaloni e mutande e poi, dalla posizione chinata in cui era, prese in bocca il mio cazzo.

Succhiava bene, come una che aveva molta voglia di succhiare un cazzo. Ci sapeva fare e non si limitò a quello. Dopo poco le sue mani iniziarono ad accarezzarmi le chiappe e le sue dita pian piano si insinuarono in mezzo, andando a cercare la zona sensibile attorno al mio buco. Non si limitò a sfiorarmi, con la punta del dito sembrava volermi penetrare. Io rimasi colpito da questa intraprendenza ed audacia. Non è da tutte condire il pompino con un dito in culo e soprattutto non è da tutte farlo ad uno appena conosciuto, come primo atto sessuale. Mi eccitò molto e dopo aver fatto mente locale ragionando su quando era l’ultima volta che ero andato di corpo, valutai che con buone probabilità mi avrebbe trovato pulito e rilassai i muscoli dell’ano, lasciando entrare il suo dito. Anzi le sue dita perché diventarono presto due.

Non ebbi bisogno di esplicitarle a parole il mio apprezzamento. Il mio cazzo era durissimo e sborrai molto copiosamente poco dopo, avvisandola nel caso si volesse togliere. Non si tolse.

A quel punto, col mio cazzo temporaneamente fuori uso per una immediata attività sessuale, fui io a ricambiare il sesso orale. Daniela si stese sul divano ed io le allargai le gambe e iniziai a mangiarle la fica. Decisi di restituirle fino in fondo il piacere che mi aveva appena donato e, dopo averli intinti nei suoi umori, portai due dita a contatto con il suo buco del culo. Apprezzò e si lasciò penetrare. Anche lei ebbe un orgasmo contro la mia bocca e con due dita in culo. Lo sfintere pulsò ritmicamente stringendo e rilasciando le mie dita in sincronia con le ondate di piacere.

Dopo di questo io ero di nuovo pronto e lei non aveva mai smesso di esserlo. Ci trasferimmmo in camera, mi passò un preservativo preso dal comodino e scopammo per buona parte della restante parte della notte.


Alla ragazza della redazione del programma dovevo raccontare qualcosa che la convincesse a scegliere la mia storia fra le tante di quelli che avevano telefonato. La mia storia non aveva nulla di particolarmente insolito o divertente. Decisi allora di dirle semplicemente la motivazione vera per cui avevo telefonato. Lei mi ascoltò e poi mi disse che forse mi avrebbero richiamato per farmi andare in diretta.

Aspettai trepidante, parcheggiato nella piazzola dell’autostrada, mentre in radio la musica continuava.

“Bene, torniamo ora in diretta e continuiamo a parlare di avventure di una notte. Abbiamo una telefonata. Finalmente un uomo: Guido da Roma. Pronto Guido? Ci sei?” la voce di Daniela risuonò nel mio cellulare, avevo abbassato la radio come mi aveva avvisato di fare la ragazza che mi aveva chiamato poco prima di mandarmi in diretta.

Avevo dato un nome falso. Non sapevo se lei avrebbe riconosciuto la mia voce. Iniziai a raccontare in breve la mia storia. Dissi qualche particolare che avrebbe potuto portarla a riconoscersi, come ad esempio quello della mano sul pacco alla festa.

“Bene, Guido, quindi mi sembra che tu ci stia raccontando una bella esperienza, quindi a volte anche le scopate di una notte possono lasciare ottimi ricordi. Ma forse la tua storia non è finita qui, vero?” mi disse il deejay uomo, imbeccato probabilmente dalla redazione del programma.

“Non in effetti ho chiamato non solo per raccontare questa storia.”

“E per cosa hai chiamato, Guido, dicci.” disse Daniela. Chissà se mi aveva riconosciuto.

“Ho chiamato perché molto stupidamente quando ci siamo salutati con questa ragazza non ci siamo lasciati i numeri di telefono. Io vorrei rivederla, vorrei che non fosse solo una one-night-stand.”

“E quindi Guido? Come pensi di fare?”

“Mah, da quel che so la ragazza ascolta spesso il vostro programma e… magari si riconosce e magari non le dispiace anche a lei rivederci.”

“Wow, Guido, quindi il nostro programma diventa un modo per far sbocciare l’amore tra due sconosciuti. Cosa vuoi dire a questa ragazza per poterla rivedere.”

“Le voglio dire che stasera, alle 23, sarò sotto casa sua. Se lei è in ascolto, se si è riconosciuta, se è d’accordo con me e se vuole, basta che mi apre e…”

“Sono tanti se, Guido.” disse lei.

“Sì, ma ne vale la pena.”

“Bene Guido, allora auguri per questa tua seconda avventura, poi magari ci farai sapere.”

“Certo, con piacere.”

“Ed ora, per celebrare l’amore, un’altra canzone…”


Alle 22 già avevo parcheggiato. Ero nervoso e per paura di arrivare tardi avevo anticipato troppo. Rimasi chiuso in auto aspettando l’ora giusta, ascoltando la radio. Ero quasi sicuro che Daniela mi avesse riconosciuto. Lo avevo notato da qualche sua esitazione durante la diretta.

Certo, avrei potuto chiedere al mio amico, quello della festa se mi poteva passare il suo numero. Sarebbe stato più facile. Ma forse la mia intraprendenza l’avrebbe colpita meno e avrei avuto meno possibilità che lei mi volesse rivedere.

Perché in effetti questo dubbio ce l’avevo. Io ero stato stupido a non chiederle il numero o a non darle il mio, non ero abituato a gestire queste situazioni. Ma il fatto che neanche lei avesse accennato a niente mi faceva pensare che per lei la cosa fosse finita lì. In fondo avevo capito che aveva già una mezza storia con uno, quindi probabilmente per lei ero stato solo l’avventura di una notte. Però il sesso era stato grandioso ed ero sicuro che anche lei lo aveva apprezzato e non aveva finto il piacere. Dunque la speranza c’era.

Ero in piedi sul marciapiede. Guardavo in alto, verso le sue finestre. Erano passate le 23 da pochi minuti. Era buio, ma vidi un movimento.

“Guido?” sentii chiamare con un tono di scherno nella voce. “Dai, vieni su, scemo.”

Sentii aprirsi il portone. Feci le scale a due a due. L’ascensore andava troppo lento per la mia impazienza. Non avevo però considerato il fiatone che mi sarebbe venuto.

La porta di casa era socchiusa. Entrai. Era quasi tutto buio. Una leggera luce fuoriusciva dalla porta della camera. Per terra c’era qualcosa. Mi avvicinai e raccolsi il preservativo. La porta era socchiusa, la aprii lentamente.

“Permesso…” sussurrai.

La luce veniva da una abat-jour sul comodino, coperta da un drappo rosso. Lei era sul letto. Appoggiata sulle ginocchia, con la testa sul materasso e il culo verso l’alto e verso l’ingresso della camera. Indossava soltanto delle autoreggenti e delle scarpe col tacco e la suola rossa.

Mi slacciai i pantaloni ed infilai il preservativo nel cazzo già durissimo.

Mi avvicinai e la presi per i fianchi. Mossi il cazzo contro la sua fica, per stimolarla, ma sembrava già molto eccitata. Nel farlo notai un riflesso attorno al suo buco del culo. Sembrava bagnata. La toccai con un dito. Era gel lubrificante. Si era preparata il culo. Appoggiai la punta del cazzo all’ano. E spinsi un po’.

“È da un’ora che mi tocco aspettando il tuo arrivo.” mi disse ed io pensai all’ora che avevo passato chiuso in auto.

Spinsi un altro po’ e il culo si aprì con facilità. Era un mio cruccio non averglielo fatto la settimana prima. Non avevo osato, nonostante avessi esordito proprio masturbandola lì, e lei non me lo aveva chiesto. Ma mi era rimasta la voglia di farle quel suo bel culo. E ce l’avevo fatta, il mio cazzo era tutto dentro di lei. La sodomizzai dolcemente e poi con più vigore, su sua esplicita richiesta.