L’amore al tempo del coronavirus

Sdrammatizzare in tempi drammatici.

Trasgredire in tempi di decreti.

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Prefazione

Non è un bel momento. Per nessuno. E ognuno reagisce a modo suo. C’è chi dice che fra nove mesi avremo un boom di nascite, chi un boom di divorzi. C’è chi in questo periodo sarà costretto ad una astinenza più o meno costante dal sesso, perché lontano dalla persona amata, ufficialmente o meno, o perché privo della privacy necessaria oppure perché la malattia o l’ansia spegne il desiderio. C’è chi scoprirà le gioie del sesso virtuale, solitario o meno, chi si accorgerà che lavorando da casa invece di fare la pausa sigaretta o la pausa caffè con i colleghi può farsi la pausa sega o ditalino. Ci saranno coppie che per la noia sperimenteranno nuove cose e magari si faranno sentire in tutto l’isolato grazie al silenzio delle città. Altre coppie torneranno a scopare tra loro, dopo essersi dedicati negli ultimi anni più agli amanti clandestini. Ci saranno coppie scambiste che ritroveranno il piacere dell’intimità e altre che se ne stuferanno ben presto e magari scambiste lo diventeranno. Ci saranno adolescenti che passeranno il tempo a masturbarsi, ma quelli ci sono sempre stati.

Il sesso è il contraltare della morte. Cerchiamo il primo e sfuggiamo la seconda, con il primo combattiamo il pensiero della seconda. Sdrammatizzare è l’altra nostra grande arma. Questi racconti vogliono essere questo: un modo per sdrammatizzare il momento, per pensare a cose liete e per diminuire l’ansia.

Nella speranza di scrivere a breve: L’amore dopo il coronavirus, quando da liberati diventeremo tutti più libertini, invece di dover scrivere il secondo capitolo di questo.

Ogni riferimento a persone esistenti o fatti realmente accaduti è puramente casuale ma anche fortemente auspicabile per loro.

Elena e Davide

Elena era molto contenta da quando era andata a vivere da sola. Finalmente iniziava ad avere la sua indipendenza: il primo lavoro, la sua prima casa in affitto. Era poco più che un monolocale ma ad Elena piaceva. Aveva cercato fin da subito di renderlo un po’ suo personalizzando l’arredamento con i suoi oggetti e con il suo stile. A volte si sentiva un po’ sola, nella grande città senza la sua famiglia, il suo fidanzato e i suoi vecchi amici. Ma era carica e convinta che la sua vita stava iniziando, a ventitre anni aveva tutto davanti.

Poi arrivò il virus e la quarantena nazionale. Elena era spaventata ed agitata e a quel punto essere da sola era diventato per lei un peso insopportabile. In più dal lavoro le avevano detto di restare a casa, quindi non aveva più veramente nessuno con cui avere un contatto umano di cui aveva tanto bisogno. Era disperata, stava impazzendo, non ce la faceva più. Sentire i suoi o il suo fidanzato per telefono non le bastava, non la calmava. Non conosceva ancora nessuno neanche nel palazzo ma aveva la necessità di non sentirsi sola. Usci dalla porta, sul pianerottolo. Si guardò attorno spaesata e poi andò alla porta di fronte e suonò il campanello.

Davide era un quarantenne che dedicava la sua vita totalmente al lavoro. Usciva da casa al mattino presto, girava per le sedi dei vari clienti della sua azienda e poi rientrava tardi. Una vita sregolata. Non mangiava mai in casa. Nei weekend era sempre fuori, andava dalla sua donna che viveva lontano.

Poi arrivò il virus e la quarantena nazionale. Davide pensò fosse una immensa scocciatura anche perché la sua azienda gli disse di fermare l’attività. Non aveva più niente da fare e doveva quindi restarsene chiuso in casa. In una casa che quasi non sentiva sua, non vivendola mai durante il giorno.

Era seduto sul divano cercando in tv qualcosa con cui passare il tempo, quando sentì suonare il campanello. Andò ad aprire e si ritrovò davanti una bella ragazza giovane, dall’aria impaurita.

“Ciao.” sussurrò lei timidamente. “Sono Elena, abito qui di fronte.”

“Ciao.” rispose lui e istintivamente fece per allungare la mano poi si ricordò delle norme di igiene e si fermò.

Lei iniziò un discorso confuso e concitato sul fatto che si sentisse sola, che aveva paura, che non sapeva cosa fare, che non aveva nessuno con cui stare, che le veniva da piangere, che era disperata. Singhiozzando concluse il tutto con una domanda:

“Posso stare da te?”

“Da me?”

“Sì. Ho bisogno di compagnia. Non ce la faccio.”

Davide esitò. Lui forse l’ultima cosa che cercava in quel momento era compagnia, seccato com’era dalla situazione. Poi avevano detto di evitare il più possibile i contatti. Lui ne aveva avuti a iosa fino a pochi giorni prima e non sapeva se anche la ragazza ne aveva avuti. Forse non era una buona idea aggiungere un ulteriore contatto, per lui o per lei.

Poi la guardò meglio. Nonostante il viso rigato da lacrime era decisamente una bella ragazza. Aveva un bel corpo che si notava grazie ad una maglia aderente che rendeva evidenti i seni e ad un paio di leggings che le fasciavano le gambe. Ai piedi aveva solo dei calzini colorati.

Davide la fece entrare. Si vergognò un po’ del motivo che, intimamente, lo aveva convinto a lasciarla entrare, superando ogni precauzione. La decisione era stata guidata dal suo cazzo che aveva iniziato ad ingrossarsi nella prospettiva di scoparsi quella ragazza.

“Grazie.” disse lei entrando e le venne spontaneo abbracciare quell’uomo, aveva bisogno di un contatto umano, ma si fermò esitando. Lui poi le fece capire che poteva e concluse l’abbraccio.

“Se stiamo insieme è inutile evitare contatti, se ci contagiamo ci contagiamo comunque.” le disse mentre la stringeva. Gli piacque sentire il corpo morbido di lei tra le sue braccia. Stette solo attento di tenere il bacino un po’ all’indietro per non farle sentire l’erezione.

“Vuoi mangiare qualcosa?” chiese Davide e poi però aggiunse “Io in casa non ho molto, infatti mi stavo chiedendo come fare.”

“Se vuoi io ho fatto la spesa stamattina. E mi piace cucinare. Porto qui la roba e preparo qualcosa, ok?”

Davide la guardò tornare al suo appartamentino e le fissò il culetto fasciato dai leggings. Sul suo volto si dipinse un sorriso diabolico. Lo voleva. Non sapeva quanto avrebbe dovuto aspettare prima di vedere la sua donna e scoparsela e oltretutto quell’inattività forzata gli aveva fatto venire una gran voglia di sesso.

Cenarono. Chiacchierarono un po’ fra loro, fecero conoscenza. In realtà a parlare fu molto più Elena che, sentitasi rincuorata dalla compagnia di Davide, aveva ripreso un po’ di buon umore. Poi guardarono un film in tv e arrivò l’ora di andare a letto.

“Senti…” fece Elena con un po’ di imbarazzo, “Non è che posso restare qui anche a dormire. Ho paura da sola.”

“Ok.” rispose Davide sempre con quell’idea in testa. “Io mi metto sul divano.”

“No, no, non voglio disturbarti. Sul divano ci sto io.”

Contrattarono un po’ e alla fine fecero come voleva lei. Davide andò a letto con in testa il pensiero di come sedurre la ragazza nei giorni successivi. Si segò lentamente mentre si immaginava come farlo e pian piano si addormentò.

Nel cuore della notte Davide si svegliò per andare in bagno. Nel sentirlo passare Elena, che non riusciva ad addormentarsi per l’agitazione, lo chiamò.

“Anche tu non riesci a dormire?” gli chiese.

“Sono solo andato in bagno.” rispose lui.

“Ah. Io invece non riesco.” disse lei.

“Vuoi venire a provare sul letto?” propose lui e lo fece in modo sincero senza pensare in quel momento ad un secondo fine.

Lei accettò ed andò in camera con lui. Lui dormiva con indosso soltanto le mutande, non possedendo pigiami (in realtà normalmente dormiva nudo, ma vista la presenza di una ospite si era contenuto). Lei indossava una t-shirt lunga che le copriva le mutandine. Si addormentarono fianco a fianco, nel letto matrimoniale. Elena si era tranquillizzata grazie alla percezione di una presenza al suo fianco e aveva finalmente preso sonno.

Restò comunque una notte agitata per entrambi e, nel dormiveglia, ad un certo punto si ritrovarono abbracciati. Nessuno dei due era completamente lucido dato che uscivano ed entravano tra lo stato di veglia e quello di sonno.

Davide si svegliò sentendo un corpo femminile tra le sue braccia. Si svegliò con una erezione, come gli capitava sempre verso mattina. Istintivamente pensò alla sua donna, pensò di essere da lui durante il weekend. Spinse il suo corpo contro di lei, premendo contro il fondoschiena il cazzo duro.

Elena percepì una sensazione di calore e di protezione. Le sembrò quasi di svegliarsi da un brutto sogno. Non era successo nulla di quello che le era sembrato. In realtà era tutto a posto e si trovava insieme al suo fidanzato. Sentiva il corpo di lui contro di lei. C’era qualcosa di strano ma non era nelle condizioni di capire. Lei si girò per andare a cercare la bocca di lui per baciarlo. Lo baciò. Era strano per essere il suo fidanzato ma lei sentiva troppa voglia per fermarsi a porsi dei dubbi.

Davide non si era ancora risvegliato del tutto. Agì d’istinto, in maniera animale.Afferrò il corpo che giaceva tra le sue braccia e lo girò spingendolo contro il materasso e salendoci sopra. Si abbassò velocemente le mutande facendo uscire il cazzo e fece lo stesso con le mutandine di lei. Infilò il suo cazzo tra le gambe di lei, da dietro, con vigore, come piaceva alla sua donna.

Elena cominciò a capire che c’era qualcosa che non andava. Il corpo che aveva sopra di lei non era come quello del suo fidanzato, non agiva come solitamente agiva il suo fidanzato. Ma la cosa più strana era che lei si sentiva bene, dopo tanti giorni in quel momento si stava sentendo al sicuro. Avere un uomo sopra che in maniera animale sembrava volerla possedere la faceva sentire protetta. Ne aveva voglia. Era tanto che non lo faceva.

Fu una scopata intensa. Liberatoria. Davide prese Elena prima da dietro con lei stesa sul materasso, poi la tirò su per i fianchi e proseguì a scoparla a pecorina. La sentì godere ed aprirsi per accoglierlo al meglio. Quando lui venne ebbe almeno l’accortezza di farlo fuori da lei, nonostante quanto fosse preso dalla situazione, inondandole il culo. Poi crollò su di lei, schiacciandola col suo corpo.

“Tutto ok?” le chiese dopo qualche minuto.

Lei annuì.

Sarebbe stata una quarantena interessante.

Anna e Marco

Andarono a letto dopo aver sentito le ultime notizie non proprio rassicuranti sull’evoluzione dell’epidemia. Non era un bel momento per nessuno. La reazione normale era di stringersi alle persone amate e cercarono di darsi conforto l’uno con l’altra.

Si abbracciarono a letto, si baciarono e nel giro di qualche minuto stavano facendo l’amore in modo dolce e romantico. Era un po’ che non lo facevano, come succede in alcune coppie di lungo corso schiacciate dalla routine.

Il giorno dopo entrambi dovevano rimanere a casa. Fu strano per entrambi e ci misero un po’ ad abituarsi, a capire cosa fare, a come organizzarsi.

Nel pomeriggio, mentre erano sul divano a guardare la tv, Anna si appoggiò ad una spalla di Marco con la testa. Poi lo cominciò ad accarezzare sul petto. Poteva essere semplicemente un gesto affettuoso ma ben presto a lei venne voglia di andare più a fondo. Abbassò la mano fino a raggiungere il suo cazzo, lo liberò da mutande e pantaloni della tuta e si chinò fino a prenderlo in bocca. Era da tanto che Anna non faceva un pompino a Marco, ancora di più che lo facesse così di punto in bianco senza che lui glielo chiedesse. Lo succhiò fino in fondo senza spostarsi e facendosi venire in bocca. Marco si stupì molto di questo comportamento: non riusciva a ricordarsi da quanto lei non ingoiasse la sua sborra, giusto da giovani lo aveva fatto qualche volta, un po’ schifata, su sua pressione.

Alla sera, a letto, scoparono di nuovo. Questa volta in maniera più passionale rispetto alla sera prima. Erano secoli che non lo facevano due sere di seguito. Marco era piacevolmente colpito dalla ritrovata intesa sessuale con la moglie.

Il giorno dopo lei lo sorprese ancora una volta. Lui era seduto al tavolo che guardava delle cose di lavoro quando si sentì chiamare da lei.

“Hai molto da fare?” domandò Anna con voce provocante.

Marco si girò a guardarla e rimase a bocca aperta. Lei era appoggiata allo stipite della porta, completamente nuda se si esclude una vestaglia aperta sul davanti e semi-trasparente e un paio di tacchi alti.

“Ehm… no…” rispose lui alzandosi prontamente ed andando verso di lei.

Fu una scopata ancora più intensa della precedente. Lei inizialmente pretese che lui gliela leccasse a lungo e mentre lui era impegnato lei lo elogiava e si auto descriveva con parole volgari, dandosi ad esempio della troia e della cagna affamata di cazzo. Lui stentava a riconoscere la moglie in questo nuovo ruolo ma la cosa lo eccitava come non gli capitava da anni e si prestò ben volentieri a questo nuovo tran tran quotidiano.

Furono giorni di scopate frequenti come neanche quando erano due ventenni appena fidanzati. Anna non sembrava vivere questa cosa come eccezionale mentre Marco era costantemente piacevolmente impressionato dalla piega che aveva preso quel brutto periodo. All’inizio era sempre lei a dare il via al sesso, poi pian piano anche lui cominiciò a capire che poteva osare a proporle cose, anche pratiche non consuete tra loro.

“Ma cosa ti è successo? Come mai sei così vogliosa? Non sei mai stata così?” un giorno decise di chiederglielo.

“Perché lo chiedi? Ti dispiace?”

“No, tutt’altro. Ma non sei mai stata così.”

“Forse lo ero, invece, ma non l’avevi scoperto.”

“Cosa vuoi dire?”

“Che magari se ti fossi fatto avanti più spesso mi avresti trovata disponibile.”

“Ma non è vero. Io ci ho sempre provato, ma non sei mai stata così. Poi è vero forse negli ultimi anni un po’ ci ho rinunciato.”

“Non dovevi rinunciarci.”

“Ma tu non mi hai mai dato segnali che dovessi provarci.”

“Forse non li coglievi.”

“Dai non dire cazzate! Quante volte hai respinto le mie avances, perché non ne avevi voglia? Ad un certo punto uno smette di provare, non è piacevole essere respinti.”

“Magari non lo facevi nel modo giusto.”

“Nel modo giusto? Ma siamo sposati da tempo! Cosa avrei dovuto fare? Dai, ammettilo, sei stata fredda con me per troppo tempo ed ora per qualche motivo, sarà il periodo brutto, ti sei risvegliata.”

“Ti assicuro che mi ero risvegliata, come dici tu, ben prima di questo periodo.”

“Ah, sì? E perché non me lo hai fatto capire?”

“Forse perché c’è stato qualcun altro che lo ha capito da solo.”

Marco si fermò a riflettere un attimo sulla frase che aveva appena sentito uscire dalla bocca di sua moglie. O non aveva capito o ciò che gli aveva appena detto era una confessione di qualcosa di grosso.

“Cosa vuoi dire?” le domandò con tono un po’ alterato.

Anna si morse un labbro, forse rendendosi conto di aver parlato troppo.

“Prometti di non arrabbiarti?” provò a mettere le mani avanti.

“Non so. C’è qualcosa per cui dovrei arrabbiarmi?” fece lui nervoso.

“Se mi lasci spiegare no, secondo me non ti devi arrabbiare.”

“Dimmi, allora.”

“Non mi sono risvegliata come hai detto. Ho sempre avuto voglie sessuali, solo che tu ad un certo punto non sei più stato capace di togliermele, di fare quello che stai facendo in questi giorni. E invece c’è stato qualcuno che ne è stato capace.”

“Mi hai tradito, dunque.” disse quasi rassegnato.

“Io non l’ho vissuto come un tradimento. Non ho mai smesso di amarti. Semplicemente facevo qualcosa con un altro, qualcosa che tu non volevi più fare con me.”

“Non è vero che non volevo più farlo con te.”

Lei lo guardò con aria quasi da rimprovero. In un attimo lui si sentì come se fosse lui in torto, se fosse stata tutta colpa sua quel tradimento. E forse era proprio così. Aveva ragione lei che lui aveva smesso di trattarla in un certo modo, di desiderarla in un certo modo. Si era abituato a lei e l’aveva data per scontata. Marco capì che aveva ragione lei a dire che lui non doveva arrabbiarsi, se non con se stesso, forse.

“Chi era lui?”

“Un collega.”

“Da quanto ti scopa?”

“Da anni.”

“Quindi è solo per questo che in questi giorni lo stiamo facendo? Perché non andando più al lavoro non c’è più lui che ti toglie le tue voglie?”

“All’inizio forse sì. Poi sei stato bravo anche tu. Sei tornato quello di una volta.”

“E quindi quanto tutto questo sarà finito cosa succederà? Smetteremo di scopare tra noi? O smetterai di farlo con lui?”

“Questo me lo devi dire tu.”

Dopo aver detto questa frase Anna guardò il cazzo di Marco che era dritto e duro come non mai. Fu piacevolmente sopresa da questa reazione. Capì che lui non si era arrabbiato anche perché la cosa lo aveva eccitato.

Lui non rispose, ma le saltò letteralmente addosso. La prese e la scopò con una foga che non aveva mai avuto prima. Quasi abusò del suo corpo senza preoccuparsi di cosa volesse lei, che comunque apprezzò il sentirsi così desiderata, senza nessuna sovrastruttura razionale, solo puro istinto animale di possessione erotica.

“Allora? Dimmi cosa succederà. Riuscirai a togliermi tu le voglie che ho o devo continuare a rivolgermi al mio collega?” lei lo provocò mentre lui da dietro la penetrava analmente.

“Stai zitta, troia.” rispose lui che cercava di non pensare.

“No, dimmelo. Vuoi che tua moglie smetta di farsi scopare in giro? Oppure tornerai ad essere il marito distratto che sei diventato?”

“No.”

“No, cosa?”

“Non voglio che tu smetta di farti scopare…” rispose lui sorprendentemente, lei ridacchiò. “…ma voglio scoparti anche io come ti scopo in questi giorni.” concluse.

“Sei proprio un porco…” commentò lei “…il porco che ho sposato, bentornato!”

Sara e Mattia e…

“Mi manchi un sacco.” mormorò triste Sara.

“Anche tu, amore. Almeno riesco a vederti, sei bellissima.” rispose Mattia.

Si stavano videochiamando essendo costretti alla lontananza. Sara nonostante le università fossero chiuse da tempo era rimasta nella città in cui studiava perché lavorava anche come cassiera. Altri suoi coinquilini erano invece già ripartiti e così era rimasta da sola insieme a Omar un ragazzo di origine marocchina che studiava e lavorava come rider. Mattia invece era tornato a casa dai suoi e così da un po’ di giorni non si potevano vedere dal vivo.

“Ti fai vedere un po’ meglio?” chiese Mattia.

Sara si avvicino alla cam del computer, non capendo subito la richiesta.

“No… intendevo… vorrei vedere il tuo corpo…”

Sarà si alzò e si allontanò in modo che fosse inquadrata quasi a figura intera.

“Così?”

“Sì… ecco… e se magari ti togli qualcosa…”

“Ah… vuoi che mi spogli per te?”

“Sì.”

“Va bene, amore.”

Sara improvvisò uno spogliarello rimanendo ben presto solo con mutandine e calzini.

“Così va bene? Ti piaccio?”

“Mi piaci un casino… me l’hai fatto venire duro. Spogliati ancora.”

“Mi vuoi totalmente nuda?” chiese lei ammiccante.

“Sì. Girati a togliti le mutandine facendomi vedere il tuo culetto.”

Lei ancheggiò come se ballasse ed esitò per far crescere l’aspettativa nel suo ragazzo. Poi fece come aveva suggerito e si abbassò le mutande piegandosi in avanti e mostrando il culo alla telecamera.

“Oddio… che figa che sei… quanto vorrei averti qui…”

“Sei eccitato?”

“Tantissimo.”

“Fammelo vedere.”

Lui armeggiò col computer in modo da puntare la telecamera verso il basso dove il suo cazzo faceva bella mostra di sé, impugnato dalla sua mano che faceva lentamente su e giù.

“Mmh… mi manchi proprio fisicamente.” disse lei. “Come vorrei averlo qui con me…”

“Davvero? Vorresti il mio cazzo?”

“Sì. Ne ho voglia. Ne ho bisogno.”

“Fammi vedere. Fammi vedere quanto ne hai voglia.”

“Cioè?”

“Masturbati. Masturbiamoci insieme.”

Sara si sedette sul letto a gambe aperte in modo che fosse ben visibile da lui e iniziò a toccarsi.

“Oddio, sei fantastica! Sei meglio di Pornhub! Dimmi a cosa pensi.”

“Penso al tuo cazzo… vorrei che fosse qui al posto delle mie dita e mi scopasse forte.”

“Non hai un vibratore o qualcosa di simile?”

“No, dannazione, non ho niente.”

“Peccato… quanto vorrei vederti mentre un cazzo anche finto ti scopa… sei stupenda… cazzo… sto sborrando…”

“Mmh, vengo anche io…. oooooh siiiiì…”

“Oddio ho fatto un macello… ho sporcato tutto… sei fantastica…”

Sara si riprese dal suo orgasmo e poi rise al pensiero del suo ragazzo che aveva schizzato ovunque a causa sua.

“Davvero ti è piaciuto così tanto guardarmi? Anche se non eri lì?” gli chiese dopo che si furono entrambi risistemati.

“Sì. Tantissimo.”

“Come mai?”

“Non so. Perché sei tu e nello stesso tempo mi sembri una pornostar. Il massimo sarebbe vederti proprio mentre scopi.”

“In che senso?”

“Cioè dico proprio come se fosse un video porno completo, non solo te che ti masturbi.”

“Cioè vorresti filmarci la prossima volta che lo facciamo?”

“No, intendevo proprio vedere te in video che scopi, come se fossi una attrice porno.”

“Ma con chi dovrei farlo?”

“Non lo so. Con un porno attore. Ma è una fantasia, così per dire.”

“Davvero ti piacerebbe anche se non fossi tu a scoparmi?”

“Sì, sì, perché so che lo faresti per farti guardare da me.”

“Ah. Ok.”

Cambiarono discorso e dopo un po’ si salutarono dandosi appuntamento al giorno dopo quando replicarono di nuovo una videochiamata con masturbazione in contemporanea. Diventò una loro abitudine durante la quarantena. E ben presto il desiderio di fare qualcosa in più crebbe in entrambi.

“Stasera ho una sorpresa per te.” annunciò Sara quando si collegarono. “Sei pronto?”

“Sì. Ho già tirato fuori il cazzo.”

“Se non ti piace mi fermi subito. Io lo faccio solo se piace anche te. Ti amo tanto.”

“Anche io ti amo. Vai, mi piacerà sicuramente.”

Sara si girò di profilo e fece un cenno a qualcuno. Subito dopo nell’inquadratura comparve a fianco della ragazza un ragazzo nudo di profilo con la carnagione scura e un discreto cazzo già barzotto.

“Ommioddio…” mormorò Mattia.

Sara diede un bacino sul cazzo del nuovo arrivato e poi si girò sorridente verso la telecamera.

“Ti piace l’idea?”

“Ma… ma… chi è?”

“È Omar… gli ho chiesto di prestarsi al nostro gioco… sei d’accordo?”

“Cioè vuoi farti vedere da me mentre lui… mentre lui ti scopa?”

“Sì.”

“Oddio. Cazzo!” esclamò Mattia.

“Che c’è?”

“No, niente, sono già venuto.”

“Ahaha, ti è bastata l’idea che lo facessi?”

“Eh, sì…”

“Quindi vuoi che lo faccia? Non ti dà fastidio se la tua ragazza si scopa un altro?”

Mattia rimase senza parole a quella domanda. Aveva una risposta in testa ma gli sembrava pazzesco dirla. Non gli sembrava una cosa normale ma lo eccitava a dismisura. Sì, voleva che la sua ragazza si scopasse un altro davanti a lui. Lui era distante e voleva vederla e sentirla godere per merito di un altro. Un altro, tra l’altro, che non sembrava niente male.

Mattia si menò il cazzo per tutto il tempo della videochiamata. Non gli diventò mai morbido pur continuando a espellere sborra in modo quasi continuo. Era la cosa più eccitante che avesse mai visto. Il video porno migliore che potesse sognare. Sara veniva scopata sul letto in varie posizioni da Omar che si dimostrò essere un buon amante. La sentì gridare di piacere, la vide perdere il controllo più volte. Vide i suoi piedini puntati verso l’alto che vibravano ad ogni affondo del ragazzo. Ammirò la posizione che lei assunse per farsi scopare a pecorina e il suo volto sfigurato dal godimento. Mattia era così esaltato dalla scena che cominciò quasi a fare le vedi del regista, urlando nel microfono le posizioni che i due dovevano assumere e i modi in cui lui la doveva scopare.

“Ti amo, Sara!” urlò lui nel microfono mentre dall’altra parte lei non era più in grado di articolare delle parole di senso compiuto, persa nel piacere di un cazzo che le entrava nel culo.

Danilo e Giorgio

Le due ragazze coinquiline di Danilo e Giorgio erano tornate a casa all’inizio dell’epidemia per cui loro erano rimasti da soli. Erano entrambi ragazzi sui trent’anni. Danilo aveva una fidanzata più giovane che abitava ancora con i suoi, mentre Giorgio era gay, senza un compagno.

Dopo qualche giorno di isolamento Giorgio aveva scherzato con Danilo, come a volte faceva:

“Oh, se proprio sei disperato e vuoi provare l’altra sponda io ci sono.”

Avevano riso e sdrammatizzato la situazione e ogni tanto proseguivano con questo scherzo.

A Giorgio piaceva Danilo e lo considerava un amico. Danilo non era attratto dagli uomini ma non gli dava fastidio che Giorgio mostrasse interesse per lui.

Una sera, dopo diversi giorni in casa, Danilo era al telefono con la sua ragazza. Solo il sentire la voce di lei lo eccitava un po’. La desiderava, voleva sentire il suo corpo morbido fra le mani, voleva entrare in lei, godere e farla godere. Mentre era al telefono si era infilato una mano nei pantaloni della tuta per manipolarsi il cazzo in maniera tranquilla, facendolo stare un po’ barzotto. Questo aumentò un po’ la sua eccitazione e cerco di cambiare argomento di conversazione con la sua ragazza. Lei subito si rifiutò non tanto perché non le piacesse pensare a quelle cose, ma proprio per il contrario: non potendo vedere il suo ragazzo le faceva male parlarne solo senza poterlo fare. Dopo un po’ di insistenza, però, Danilo la convinse.

“Dai, amore, mi sto toccando solo a sentire la tua voce. Dimmi qualcosa di porco.”

“Davvero ti stai toccando pensando a me?”

“Sì.”

“A cosa pensi?”

“Ai tuoi occhi…”

“Dai, scemo, secondo me non pensi ai miei occhi.” rise lei.

“Ok. Non solo a quelli, ma anche a quelli. Sono sexy anche quelli.”

“Oltre a cosa?”

“Oltre a… al tuo culo, alle tue tette, alle tue gambe, alle tue mani, alla tua bocca, ai tuoi piedi…”

“Cosa ti immagini che staremmo facendo se fossimo insieme?” chiese lei.

“Ti stai toccando anche tu?”

“Sì.” rispose lei un po’ imbarazzata.

“Allora stavo pensando…” Danilo in quel momento alzò gli occhi e notò la presenza di Giorgio: era appoggiato allo stipite della porta della sua camera e lo guardava sorridendo soddisfatto. A Danilo non diede fastidio quella intrusione, tra loro c’era confidenza, erano tra maschi, non era la prima volta che Giorgio sapeva qualcosa del rapporto tra Danilo e la sua ragazza. Gli sorrise in risposta, quasi vantandosi che stesse facendo una telefonata hot con lei. Giorgio gli fece un cenno di approvazione.

“Stavo pensando…” continuò Danilo “a te nuda davanti a me… io che mi meno il cazzo… e tu che ti inginocchi… e poi me lo succhi… ti piace?”

“Oh, sì, amore. Vorrei essere lì.”

Giorgio intanto, capito che la sua presenza non era un disturbo, entrò nella stanza e si avvicinò a Danilo. I due si guardarono negli occhi. Giorgio aspettava un cenno da parte dell’amico che gli indicasse di andarsene, ma non ci fu. Danilo era eccitato, ascoltava la sua ragazza che gemeva toccandosi e si segava il cazzo. La presenza dell’amico gay davanti a lui era strana ma non gli dava fastidio. Giorgio sentendo che l’amico parlava con la sua ragazza di un pompino gli fece dei gesti il cui significato era abbastanza inequivocabile: “vuoi che ti faccia un pompino io al suo posto, mentre ne parli con lei?”

Danilo comprendendo bene cosa gli proponesse Giorgio lo guardò per un attimo molto indeciso. La tentazione crebbe in lui: aveva voglia di un pompino e riceverne uno, anche se da un maschio, mentre era al telefono con la sua ragazza immaginando che fosse lei a farglielo non sarebbe stato tanto male. Ma non poteva, sarebbe stato anche quasi un tradimento nei confronti di lei. Oppure no?

Giorgio, vedendo che Danilo esitava e non lo respingeva ma neanche lo invitava ad agire, provò ad avvicinarsi inginocchiandosi e allungando le mani verso i pantaloni, afferrandone l’elastico. Si fissarono alcuni secondi negli occhi. Poi Danilo li chiuse buttando la testa all’indietro: un gesto che significava che non voleva vedere, voleva pensare fosse la sua ragazza ma non voleva fermare l’amico, aveva troppa voglia di sentire delle labbra attorno al suo cazzo.

Giorgio gli abbassò pantaloni e mutande e gli prese in mano il cazzo.

“Ti piace il mio cazzo?” chiese Danilo al telefono alla sua ragazza, ma forse la domanda poteva essere rivolta anche a Giorgio.

“Sì, mi piace molto.” fu la risposta di lei a parole e la risposta di lui a gesti.

“Allora dimmi come me lo succhieresti.” Danilo mise in viva voce in modo che anche Giorgio sentisse cosa diceva la sua ragazza e poi si lasciò cadere di schiena sul letto.

Giorgio eseguì per filo e per segno tutti i gesti descritti dalla ragazza di Danilo e lo fece con una maestria anche superiore. Danilo pensò che era vero che i maschi lo succhiavano meglio e sentirselo fare con la voce di lei nelle orecchie era eccitante al massimo. Giorgio pensò che Danilo aveva proprio una ragazza porcella visto che seguendo le sue indicazioni si ritrovò a fare cose che adorava fare anche lui: come ad esempio succhiare le palle e anche più giù, infilando la lingua tra le chiappe dell’amico.

Danilo gli sborrò copiosamente in bocca facendo sentire tutto il suo godimento alla sua ragazza.

“Sei venuto, amore?” chiese lei.

“Sì. Era come se mi stessi facendo veramente un pompino.” rispose lui sentendosi subito in colpa perché la stava in parte ingannando.

“Oh, che bello. Anche io sono venuta amore, non vedo l’ora di potertelo succhiare di nuovo dal vivo.”

Dopo un po’ i due fidanzati si salutarono e Danilo si ritrovò a fissare negli occhi Giorgio. Nell’aria c’era ancora una forte tensione sessuale. Danilo era ancora eccitato. Giorgio salì sul letto, piegandosi verso di lui. Si fermò col viso a pochi centimetri da quello dell’amico.

“Se non vuoi mi fermo.” gli sussurrò ma lui non lo fermò.

Si baciarono in bocca, appassionatamente, e poi si denudarono in fretta. Giorgio si stese nudo sul corpo dell’amico, facendo sfregare fra loro le parti intime. Danilo subito venne colpito dalla differenza di sensazione che gli dava un corpo maschile rispetto a quello della sua ragazza. Era tutto più duro, sentiva sotto le dita i muscoli invece di affondare in una pelle liscia e morbida. Non sapeva dire se gli piaceva, in realtà era più no che sì, però aveva voglia di farlo, aveva voglia di sfogarsi.

Giorgio salì su di lui e prendendogli il cazzo fra le mani se lo puntò fra le chiappe. Danilo chiuse gli occhi e pensò alla sua ragazza, pensò che fosse lei ad essere seduta su di lei e a farsi inculare andando su e giù. Quando però riaprì gli occhi per un attimo e si ritrovò il cazzo duro di Giorgio che gli ballonzolava davanti gli venne spontaneo prenderglielo in mano e segarlo. Lo portò all’eiaculazione che gli arrivò in parte anche in faccia. Poi Giorgiò si sfilò il suo cazzo dal culo e avvicinò il suo al volto dell’amico, che aprì la bocca per accoglierlo.

Dopo alcuni minuti si ritrovarono stesi sul letto, abbracciati e ansimanti. In quel caso Danilo ebbe un rigetto.

“No, scusami. Va bene tutto, ma coccolarsi fra noi, no, non ci riesco.”

“Ok.” ridacchio Giorgio staccandosi dall’amico e comprendendone il turbamento. “Se vuoi ti faccio una cosa che di affettuoso ha poco…”

“Cosa?” chiese Danilo un po’ curioso e un po’ spaventato.

“Mettiti a pecorina e te lo faccio sentire.”

Danilo esitò anche questa volta. Non ne aveva la minima intenzione di farsi scopare dall’amico eppure per qualche motivo un minimo di tentazione c’era. Stava per girarsi ma poi si rifiutò.

“No, non ce la faccio, magari…” si bloccò pentendosi di lasciare aperto uno spiraglio

“Magari?” insistette Giorgio cogliendo l’esitazione dell’amico.

“Magari un altro giorno, dopo aver sentito la mia ragazza e immaginato che sia lei a darmi il culo…”

“Perfetto. Non ho fretta. Abbiamo tutto il tempo del mondo.”

“Purtroppo.”

“O per fortuna.” concluse Giorgio con un sorrisetto furbo.

Paola e Zayd

Paola aveva deciso di tenere il ristorante aperto anche se poteva fare soltanto consegna a domicilio, ma ne aveva bisogno sia per non azzerrare del tutto le entrate e sia anche per riuscire a distrarsi un po’ lavorando. Suo marito si era isolato da tempo per precauzione e Paola si stressava a non fare niente e stare sempre da sola. Non che al ristorante avesse molta compagnia, ma almeno aveva qualcosa da fare. Aveva permesso a camerieri e aiuto-cuochi di stare a casa, per precauzione e perché non servivano per la quantità di lavoro richiesta. L’unico che era presente con lei al ristorante era Zayd, uno dei camerieri, che si era reso disponibile per effettuare le consegne in bicicletta.

Non arrivavano molti ordini ma era riuscita a spargere a sufficienza la voce e il suo era un ristorante molto quotato in paese quindi ogni sera almeno tre o quattro cene doveva prepararle. Lavorava in cucina, concentrata ed estraniandosi da tutto, mentre Zayd aspettava seduto in disparte col suo cellulare. Poi quando Paola terminava tutti i piatti e li impacchettava nei contenitori di alluminio lui si alzava, andava a lavarsi accuratamente le mani e poi iniziava la vestizione completa di mascherina sul volto e guanti monouso. Paola lo osservava durante questa procedura, riposandosi un attimo e sorridendo beffarda per la situazione in cui erano finiti tutti.

Salutò Zayd per quella che probabilmente era l’ultima consegna della sera e lo guardò allontanarsi in sella alla sua bici nella strada completamente deserta. Poi rientrò nel ristorante ed ebbe una crisi di pianto. Si sentiva stanca e sola. Avrebbe voluto tornare a casa da suo marito e fare l’amore, ma lui essendo stato a contatto con persone malate si era messo a vivere nella dependance della loro casa di campagna.

Paola tornò in cucina e si mise a pulire e mettere a posto.

Zayd aveva consegnato i contenitori pieni di cibo ad una famiglia che lo aveva intimato a restare a distanza. Lui non ci era rimasto male, capiva la situazione. Era peggio quando succedeva prima, quanto tutto era normale, e la gente lo evitava solo per la sua pelle color ebano. Poi sfrecciò via lungo le strade del paese, quasi felice di poter correre così senza preoccuparsi delle auto.

Rientrò nel ristorante e si svestì. Forse per quella sera aveva finito. Cercò Paola in cucina ma non la trovò.

“Paola!” chiamò ad alta voce. “Ci sei?”

“Sono qua.” sentì la voce di lei flebile, provenire da una delle due salette normalmente dedicate ai tavoli per gli avventori.

Andò a cercarla e si bloccò nel momento in cui la vide. Era seduta su un tavolo ed era completamente nuda. Si stava masturbando.

“Ciao, Za’. Per stasera hai finito. Ma vorrei che mi facessi ancora compagnia.”

“Ma… ma…” balbettò lui sopreso dalla situazione.

“Zayd, non ce la faccio più. Sono esaurita. Sono divorata dall’ansia. Ho bisogno di qualcosa che mi scarichi e non c’è nessuno che può darmelo. Con mio marito ci parlo attraverso una finestra da una settimana. Vieni qua, Zayd.”

“Ma, Paola… sei sicura?”

“Dai, io e te siamo a posto. Tu vivi solo, incontri solo me in questi giorni. Sei un bel ragazzo, Zayd. Ho voglia di qualcuno. Vieni qua.”

Il ragazzo si avvicinò lentamente. Era eccitato, non poteva negarlo. Paola era una bella donna, seppur di quindici-venti anni più di lui, e non gli era mai capitato che una gli si offrisse in maniera così esplicita e spudorata, pur essendo lui un bel ragazzo, con un bel fisico e godendo anche nei confronti di alcune degli stereotipi, in quel caso positivi, riguardanti il colore della sua pelle.

“Spogliati.” gli disse Paola e lui eseguì.

Lei rimase sul bordo del tavolo con le gambe aperte e i piedi sul tavolo. Afferrò il cazzo di lui già duro e se lo sfregò contro il pube.

“Che bello che sei…” mormorò.

“Anche tu sei molto bella, Paola.” rispose lui, incredulo di avere davanti la sua datrice di lavoro in quella situazione.

Lei spostò il suo cazzo all’ingresso della sua figa e si lasciò penetrare. Lui grugnì di piacere e si spinse dentro e fuori. Lei rimaneva aggrappata al suo corpo, abbandonandosi totalmente. Poi volle cambiare posizione e si mise appoggiata al tavolo con la pancia e la gambe penzolanti dietro, offrendo a lui le terga.

“Ho bisogno di una cosa.” gli disse. “Ho bisogno che tu mi faccia dimenticare tutto, ho bisogno di essere scopata e di non poter pensare ad altro. Devi prendermi con tutta la forza che hai, sbattermi. Devo sentire che non ho più il controllo di niente, che il mio corpo è totalmente tuo. Pensi di essere in grado?”

“Ci provo.” disse lui ormai infoiato come non mai.

E la prese, la sbatté contro il tavolo. La penetrò senza remore facendola urlare di piacere e in certi casi forse anche un po’ di un dolore che lei comunque accettava ben volentieri. Preso dalla foga quasi non si accorse che il suo cazzo era uscito totalmente dalla figa di lei e, nel rispingerlo contro di lei si posizionò contro il suo ano.

“Sì… Bravo… Inculami…” ansimò lei incitandolo e lui entrò.

Stefania e Carlo

Stefania, donna cinquantenne manager d’azienda dall’aria seria e irreprensibile, aveva un vizietto ignoto a tutti che amava coltivare soltanto nel chiuso della sua casa: adorava stare nuda ogni volta che poteva. Normalmente tornava a casa dal lavoro e si spogliava restando nuda fino a quando era di nuovo ora di uscire. Viveva sola e questo stato spesso la portava poi, dato che la condizione di nudità la eccitava, a masturbarsi spesso.

Da una settimana la sua azienda aveva obbligato tutti i dipendenti a svolgere il lavoro da casa, utilizzando in caso di necessità i vari mezzi tecnologici per interagire con i colleghi. Quella mattina Stefania aveva aperto una email arrivata dal reparto tecnico della sua azienda che la invitava ad installare un nuovo software per effettuare le chiamate di gruppo tra colleghi. Ligia alle regole Stefania installò subito l’applicazione.

Per rendere questo obbligo del lavoro da casa meno alienante Stefania aveva deciso di assecondare il suo vizietto e quindi passava le giornate nuda, tanto nessuno la vedeva. Anzi, era piuttosto divertente parlare al telefono con colleghi o clienti, persino con i suoi superiori, mentre stava magari stesa sul letto senza niente addosso. L’unico strappo a questa regola della nudità che si concedeva mentre lavorava era che indossava le scarpe, come se fosse in ufficio, e questo la faceva sentire ancora più trasgressiva.

Appena il programma nuovo finì di installarsi decise di usarlo subito per chiamare Carlo, un suo stretto collaboratore trentenne, che risultava già online su quel programma nonostante fosse ancora mattina presto. Stefania cercò di capire come far partire la chiamata. Chiuse senza leggerli alcuni avvisi dell’applicazione accettando ciò che chiedevano, tanto era un programma segnalato dall’azienda quindi non c’erano problemi, e finalmente sentì il rumore della chiamata in corso. Carlo non impiegò molto per rispondere.

Stefania vide comparire sul suo monitor Carlo, a casa sua inquadrato a mezzo busto dalla telecamera del suo portatile, e lo salutò. Lui fece una espressione strana. Lei subito registrò mentalmente che quel programma consentiva di fare videochiamate e si chiese come mai lui l’avesse attivata anche se lei non gliela aveva richiesta.

“Allora, sei già operativo? Volevo parlare un attimo di…” poi Stefania si bloccò. Un dubbio cominciò a farsi strada nella sua mente, spostando via i pensieri relativi al lavoro. Un dubbio tremendo.

Successe tutto nel giro di pochi secondi. Osservò la faccia di Carlo che sotto la barba aveva una espressione a metà tra lo stupito e l’imbarazzato. Poi ragionò sul fatto che non sapeva ancora bene come funzionava quel programma e che non si era accorta di avere richiesto una videochiamata. Poi notò quel piccolo riquadro in alto dove si vedeva una immagine diversa da quella della casa di Carlo: c’era lei, ben visibile dalla vita in su, cioè con il seno nudo in vista.

Il panico si impossessò di Stefania e agì di impulso in modo incontrollato. Cerco disperatamente di capire se la sua immagine veniva vista dal suo collega e il modo per impedirlo. Nel farlo spinse la sedia all’indietro e si alzò. Cercò di coprirsi il seno con un braccio mentre con l’altro muoveva il mouse, ma nel fare così nell’inquadratura entrò anche il pelo del suo pube.

“Oddio, oddio, come si fa?” chiese disperata.

Carlo non sapeva cosa dire. In parte era divertito dal vedere la sua superiore totalmente nuda e ne apprezzò anche una bellezza che normalmente restava abbastanza nascosta sotto i vestiti professionali che lei portava in ufficio. Da un altro punto di vista però si sentiva in imbarazzo per lei perché le era chiaramente capitato un inconveniente e non avrebbe voluto mostrarsi a lui così.

Infine Stefania riuscì a riaccendere un minimo di razionalità nel cervello e fece la cosa più semplice da fare: tirò giù lo schermo del computer interrompendo tutto. Poi si rannicchiò sulla sedia urlando e piangendo per la vergogna. Rimase così diversi minuti fino a quando si tranquillizzo. Era sommersa dall’imbarazzo per aver fatto sapere al suo sottoposto come lei stava quando era in casa. Nello stesso tempo stava provando una strana sensazione. Il suo piacere nello stare nuda si era sempre fermato prima di arrivare a quella che per lei era solo una fantasia trasgressiva: ovvero il farsi ammirare nuda da qualcuno. Adesso lo aveva fatto e, scavando oltre l’imbarazzo, provava una certa soddisfazione.

Andò a vestirsi, come se fosse in ufficio. Poi si fece coraggio e richiamò Carlo. Stavolta capì bene le opzioni che c’erano nel momento in cui si chiamava qualcuno e disattivò la trasmissione del video. Carlo rispose e stavolta fu lei a fare una faccia stupita. Comparve l’immagine di lui ed era a petto nudo. A Stefania venne una risata isterica ma si sentì grata al suo collega che in quel modo voleva sdrammatizzare e farla sentire a suo agio.

“Che fai?” disse ridendo.

“Volevo farti stare meglio. Ho capito che ti sei imbarazzata ma non c’è niente di male in quello che hai fatto.”

“Grazie. Scusami.” disse lei sinceramente.

“E perché devi scusarti. Non è mica stato spiacevole, solo inaspettato.”

“Davvero?” domandò e in lei senti crescere un po’ di appagamento per il suo esibizionismo fino ad allora represso.

“Beh. Sono un uomo, sei una bella donna. Mi è piaciuto quello che ho visto. Ho capito che non era tua intenzione, che non avresti voluto, ma è stato divertente. E tranquilla, non lo racconterò a nessuno. E poi ora siamo pari.” disse mostrando il suo petto nudo.

“Grazie. Ma si è visto tutto?”

“Beh, sì.”

“E allora… ” si morse il labbro indecisa se osare ma ormai aveva capito di aver superato un limite oltre il quale molte cose erano ora permesse: “… allora non siamo pari.” gli sorrise in camera in modo malizioso.

“Vuoi dire che…?” chiese lui mostrando un po’ di imbarazzo.

“Alzati.” disse lei come se gli stesse dando un ordine lavorativo.

Carlo si alzò e nel monitor di Stefania comparve la parte inferiore del corpo in mezzo alla quale faceva bella mostra di sé un cazzo eretto.

“Sono io che ti ho fatto quell’effetto?” chiese lei.

“Sì.” rispose lui abbassandosi e mostrando il sorriso.

“Ok. Bene. Ora rivestiti. È il momento di tornare al lavoro.”

“Ok.” disse lui quasi deluso dal ritorno alla normalità.

“Speriamo di tornare presto a vederci di persona in ufficio.” aggiunse lei con un sorriso malizioso.

Katia

Katia faceva fatica a dormire in quelle notti. L’agitazione, l’ansia e le giornate passate da sola in casa. Per rilassarsi aveva iniziato a masturbarsi più del solito. Ma neanche quello l’aiutava a prendere sonno.

Era notte fonda e si alzò, spazientita. Andò a bere un bicchiere d’acqua e poi si affacciò al balcone. La notte era fresca ma già non più fredda. Katia indossava una vestaglia leggera, sotto era nuda. Le venne qualche brivido ma nel complesso era piacevole stare un po’ fuori.

E c’era un gran silenzio. Non aveva mai sentito un silenzio del genere nel suo quartiere. In strada non passava nessuno. Rimase lì fuori una mezz’oretta e non vide anima viva. D’accordo che erano le 3 di notte ma la desolazione faceva quasi paura. Sotto casa sua passava un viale solitamente piuttosto trafficato.

A Katia vennero pensieri sporchi. Una mano si insinuò sotto la vestaglia e iniziò a toccarsi. Sentì un po’ di caldo e lasciò cadere a terra la vestaglia. Ora era nuda, sul suo terrazzo. La sensazione le piacque e la eccitò. Ma questa condizione le fece venire una strana idea, una idea un po’ pazza.

Rientrò in casa. Prese l’impermeabile e lo indosso sopra la pelle nuda. Poi si infilò un paio di scarpe col tacco. Si mise in tasca il mazzo di chiavi e poi andò a rovistare nel cassetto del suo comodino.

Un minuto dopo era nell’ascensore del suo palazzo che scendeva al piano terra. I suoi passi sulle scarpe col tacco risuonarono nell’androne del palazzo. Aprì il portone e uscì fuori. Ebbe un altro brivido ma più che il freddo era l’emozione. Si guardò attorno e poi si tolse l’impermeabile. Era nuda. Appoggiò il capo di vestiario a fianco del portone del palazzo. Tirò fuori un paio di oggetti dalle sue tasche e camminando veloce sui tacchi si spostò verso la strada.

Katia era nuda per strada nella sua città. Era una fantasia che aveva sempre avuto ma ovviamente non aveva mai neanche pensato di poterla realizzare. D’accordo, era notte fonda, ma in un giorno normale era impossibile anche a notte fonda. Si sentì molto eccitata. Si allontano dal palazzo e camminò un po’ lungo il marciapiede. Era folle quella sensazione. Cosa avrebbe fatto se fosse arrivato qualcuno e l’avesse vista?

Si guardò attorno. Cercò di vedere se c’erano luci accese alle finestre o qualcuno che stesse guardando fuori. C’erano diversi palazzi che si affacciavano lungo quella strada, ma non vide né senti nessuno. Si sentiva bagnata, quasi da farle colare i suoi umori lungo le gambe e allo stomaco sentiva un vuoto misto di paura ed eccitazione.

Katia prese un po’ di coraggio e attraversò la strada. Si fermo in mezzo, in piena carreggiata, dove di solito passavano un sacco di macchine. Guardò da una parte, e poi dall’altra. Non c’era anima viva. Si inginocchiò e avvicinò il volto al terreno, lasciando il culo verso l’alto. Era praticamente in posizione a pecorina in mezzo alla strada, in una posizione oscena in luogo pubblico.

Iniziò ad usare i due oggetti che aveva in mano e che si era portata giù da casa. Uno era un plug anale. Se lo infilò in bocca per umettarlo un po’ e poi lo inserì senza troppa difficolta nel suo buco del culo. Era abituata a masturbarsi analmente. L’altro oggetto invece era un vibratore. Lo accese e se lo passò sul clitoride. Iniziò a gemere.

Le sensazioni fisiche erano piacevoli e intense ma erano le solite. Ciò che faceva differenza psicologicamente era il contesto. Completamente nuda ed esposta, in mezzo alla pubblica via. La masturbazione non durò molto a causa del grado di eccitazione elevato e si concluse nel modo più spettacolare: Katia squirtò il suo piacere bagnando l’asfalto.

Appena terminato l’orgasmo ebbe un momento di panico. Si rese conto di che pazzia avesse fatto e del fatto che era stata molto fortunata che non passasse nessuno in quel momento. Si tolse i tacchi per correre più velocemente verso casa. Il suo seno ballonzolò libero ad ogni balzo.

Arrivò al portone col fiatone, nonostante la corsetta fu brevissima. Ma ancora doveva riprendersi pienamente dall’orgasmo. E poi era agitata. Davvero non l’aveva vista nessuno? E se ci fosse stato qualcuno insonne come lei in qualche balcone del palazzo? E se l’avesse magari anche fotografata o filmata, seppur da lontano? Era terrorizzata dall’idea ma nello stesso tempo quasi speranzosa che la sua performance avesse allietato la notte di qualcuno.

Rientrò nel palazzo e decise di non indossare l’impermeabile. Salì nell’ascensore nuda e così entrò in casa. Si buttò sul letto e si masturbò di nuovo, ancora molto su di giri per le emozioni provate.

Poi prese sonno senza difficoltà, un sonno profondo e rilassato.

Si svegliò a causa della luce che entrava dalla porta finestra del balcone in cui aveva lasciato su la tapparella. Si svegliò sorridente, ripensando alla follia notturna. Indossò la vestaglia, si fece un caffè e andò sul balcone. C’era un bel sole e una bella aria pulita.

Poi Katia guardò in basso. Per strada poche persone. Un’auto ogni tanto.

E in mezzo alla carreggiata le sembrò di notare una macchia di umidità, molto leggera e quasi scomparsa, ma forse se la immaginava solo. Katia sorrise e strinse le gambe. Voleva godere di nuovo.

Olivia, Federica e Martina

Nonostante l’università fosse chiusa da tempo nessuna delle tre ragazze era tornata a casa proprio per evitare di portare un eventuale contagio nei loro luoghi di famiglia. Era da un po’ di giorni che non avevano niente da fare e soprattutto erano lontane anche dai rispettivi fidanzati, per chi ne aveva uno.

“Mi manca il mio ragazzo… Lo sento tutti i giorni più volte al giorno ma mi manca” si lamentò una sera Federica.

“A chi lo dici. Manca proprio fisicamente.” commentò Olivia.

“Manca a me che non ce l’ho.” scherzò Martina. “Mi manca non trovare qualcuno da portarmi a letto. Mi mancano anche quelli che poi erano disastrosi o che non gli si rizzava.”

Le ragazze risero insieme.

“Voi come fate?” chiese Federica.

“Io sto consumando il mio vibratore.” commentò Olivia.

“Il mio non vibra ma gli sto facendo fare gli straordinari anche io.” disse Martina.

“Io non ho niente, ma non mi sono mai masturbata così tanto come in questo periodo, solo che mi sembra che più lo faccio e più lo farei.”

“Hai ragione. A me mancano anche gli altri vibratori che ho a casa. Non so perché non li ho mai portati qui.” disse Olivia.

“Forse perché quando avevi bisogno di sostituti del tuo ragazzo ne trovavi qualcuno di carne…” la prese in giro Martina.

“Mi stai dando della zoccola? Da parte tua è un complimento. Grazie.” rise Olivia accettando serenamente quella sua natura.

“Mi fate vedere i vostri compagni di questi giorni?” si intromise Federica.

Olivia e Martina andarono nelle rispettive camere ed uscirono con in mano i loro giochi erotici. Quello di Olivia non era a forma affosulata, non era pensato per inserirlo nella vagina ma soltanto da appoggiare al clitoride e stimolarlo. Olivia ne elogiò di fronte alle amiche gli effetti che le provocavano le sue vibrazioni. Il sextoy di Martina invece era un cilindro di gomma dalla forma fallica perfettamente realistica, comprensiva di palle dietro le quali era presente una ventosa che permetteva di attaccarlo a superfici lisce. Federica lo prese in mano curiosa.

“Si chiama Ernesto.” disse Martina.

“Ernesto? Perché?”

“Perché mi ricorda uno dei miei primi ragazzi che si chiamava così.”

“E te lo ricorda perché era… così?” chiese Olivia curiosa mimando con le mani la lunghezza dell’oggetto.

“Sì. Così e così.” rispose Martina prima indicando la lunghezza e poi la larghezza del fallo di gomma.

“Ah, però! E perché non te lo sei tenuta questo Ernesto?”

“Perché sono una zoccola come te?” rispose ridendo Martina “No, va be’, era un coglione, buono solo a quello.”

“Beh, può essere già molto.”

“Anche questo è vero.”

“Ma con questa si attacca al muro?” interruppe il discorso Federica indicando la ventosa.

“Sì, ad un muro liscio, o al pavimento. Così sta fermo e tu puoi muoverti senza tenerlo con le mani.”

“Ah… ora capisco cosa erano quei segni circolari che ho visto ogni tanto sulla parete della doccia.”

“Eh, sì…”

“Ecco perché fai sempre docce così lunghe… tra quello e il doccino… che zoccoletta!” la prese in giro Olivia.

“Perché voi il doccino non lo usate?”

“Certo.” risposero in coro.

“Allora, Fede, ne vorresti uno anche per te?” chiese Martina. “Quale vorresti?”

“Non lo so… Il tuo mi spaventa un po’, anche se chiaramente mi attira. Quello di Olivia forse è migliore per masturbarsi, ma più simile appunto alla masturbazione solitaria invece che al simulare di essere con un ragazzo.”

“Dovresti provarli.” disse Olivia e dopo questa sua frase ci fu un momento di silenzio.

Poi una ricevette un messaggio, un’altra una telefonata e il discorso si interruppe lì.

A sera erano tutte e tre sul divano a guardare una serie tv. Sullo schermo un ragazzo e una ragazza si stavano baciando appassionatamente.

“A me oltre ai discorsi di oggi comunque manca anche solo limonare col mio ragazzo.” commentò Federica.

“Hai ragione.” disse Olivia e si girò verso l’amica.

Si guardarono per qualche istante illuminate solo dalla luce della tv. Entrambe pensarono che l’amica che avevano di fronte era proprio bella e aveva delle belle labbra. Entrambe desideravano un contatto di quel tipo e, senza dire niente, avvicinandosi un po’ per una, fecero aderire tra loro le labbra. Dopo un momento in cui rimasero ferme il bacio si trasformò in un intrecciarsi di lingue e un mordersi le labbra. Martina non se ne accorse subito ma solo quando oltre a baciarsi iniziarono ad abbracciarsi e a toccarsi il corpo.

“Wow, ragazze…” commentò stupita e subito le invidiò. Le altre due si fermarono e la guardarono. Poi Olivia si sporse verso di lei per baciarla.

Non per tutte era il primo contatto di tipo sessuale con una ragazza ma nessuna delle tre si era ritrovata in una situazione simile. Cominciarono a spogliarsi a vicenda, quasi con foga, e ben presto si ritrovarono nude e avvinghiate sul divano. Bocca su bocca, lingua su capezzoli, dita sul clitoride, bocca sul collo, lingua nelle orecchie, mano che afferra un seno, dita che si infilano nella fica, piede contro il pube, mano che palpa un culo, bocca che mangia la figa, mano che massaggia un piede, dito che scorre lungo la gamba, fica contro fica.

In tre, seppur non del tutto esperte del genere, scoprirono che le combinazioni di parti del corpo per provocarsi piacere a vicenda erano innumerevoli ma, nonostante questo, non sufficienti.

“Vuoi che porti qui Ernesto?” domandò ansimante Martina mentre stava aumentando il numero di dita che stava infilando nella fica di Federica, che annuì vogliosa.

L’aggiunta di quel surrogato maschile e di quell’altro giochino di Olivia moltiplicò ulteriormente le possibili attività erotiche fra le tre amiche.

Federica si ritrovò ben presto a quattro zampe con Olivia che le stimolava il clitoride tramite le vibrazioni e l’incredibile eccitazione che queste le causavano permettevano a Martina di infilarle senza nessun problema quel grosso fallo di gomma. Federica non aveva mai provato un piacere così intenso e perse ogni inibizione arrivando a chiedere all’amica di continuare a spingerglielo dentro e fuori ma invitandola anche a cambiare buco.

La televisione continuò a trasmettere una puntata dietro l’altra di quella serie tv, per tutta la notte. Ma nessuna delle tre amiche seguì più la vicenda raccontata. Fu una notte di amore lesbo.

Il giorno dopo nessuna delle tre osò parlare di quello che avevano fatto. Forse avevano paura di rovinare qualcosa, forse dovevano ancora elaborare il cambiamento avvenuto fra loro che, in ogni caso, non sarebbe finito lì.

A pranzo fu Olivia a riaprire in qualche modo il discorso.

“Ragazze, oggi pomeriggio mi devo sentire col mio ragazzo. Faremo come gli altri giorni una videochiamata. Ieri lui mi ha chiesto se mi spogliavo e mi toccavo per lui e abbiamo fatto sesso virtuale. Oggi pensavo di fargli una sorpresina che gradirà molto, ma ho bisogno della vostra collaborazione. Ci state?”

Le altre due si guardarono. E sorrisero maliziose.

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