Le ragazze

Racconto lungo

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1

Era un luglio torrido. Da qualche tempo mi ero trasferito a vivere a casa di Marisa. Lei era la mia compagna da qualche anno. Era una bella donna, divorziata, cinquantenne. Dunque un po’ più vecchia di me. Aveva una grossa villa in periferia, con un parco e una piscina. Marisa di lavoro gestiva un grande hotel sulla costa quindi durante le estati stava spesso lontano da casa per diversi giorni. Marisa aveva due figlie con il suo ex marito. Chiara aveva ventiquattro anni e viveva già fuori casa, mentre Sara, di diciannove, abitava ancora con noi.

Io, Paolo, poco più che quarantenne, facevo il professore e in quei giorni afosi ero sempre a casa impegnato nella scrittura di un libro.

Era mattina. Ero seduto alla scrivania della stanza che usavo come studio personale. Dalla finestra aperta entrava una leggerissima brezza che rendeva la temperatura sopportabile. Non mi piaceva usare l’aria condizionata quindi quando potevo facevo in modo che entrasse aria da fuori. Davanti a me c’era il monitor del computer ancora quasi del tutto bianco. Non riuscivo ad andare avanti. Non sapevo cosa scrivere. Non riuscivo a concentrarmi.

Dopo un po’ mi resi conto che c’era qualcosa che mi distraeva. Da sotto, nel giardino dove c’era la piscina, giungeva un continuo chiacchiericcio condito da frequenti risate ad alto volume. Erano Sara e la sua amica Silvia che in quei giorni si era trasferita da noi. Le due ragazze neanche ventenni si godevano il periodo estivo di vacanza, giustamente, e si divertivano incuranti di un adulto impegnato a lavorare.

Mi alzai per chiudere la finestra, sperando che poi non fossi costretto ad accendere il condizionatore. Nel farlo guardai giù e vidi le due ragazze stese a bordo piscina. Mi fermai. L’operazione di chiusura della finestra durò molto più tempo del necessario. Tra le mie gambe qualcosa stava reagendo. Fui subito preso dai sensi di colpa per quel mio istinto. Sara era la figlia della mia compagna. Non dovevo guardarla in quel modo.

Però era difficile non farlo. Le due ragazze erano stese a pancia in giù su due teli appoggiati sul prato. Prendevano il sole ed erano in topless. Ma essendo di schiena rispetto a me non era quello ad aver catturato la mia attenzione. Il fatto era che sotto indossavano entrambe un perizoma molto succinto e i loro due culetti da ventenni erano completamente esposti alla mia vista.

Riuscii a chiudere la finestra e rimettermi a scrivere al computer. Ora in stanza c’era silenzio ma la mia mente era ancora distratta. Pensavo a quei due culetti. Dannazione. Il mio cazzo era rigido e reclamava attenzioni. Marisa mancava da casa da diversi giorni e dunque era passato tempo dall’ultima volta che l’avevo scopata. Erano giorni di masturbazione solitaria, di solito alla sera a letto, ma in quel momento ne sentivo il bisogno. Iniziai a menarmi il cazzo pensando che poi avrei finalmente potuto rimettermi a lavorare.

Tirai fuori il cazzo da sotto ai pantaloncini che indossavo. Mi segai. Provai a pensare a Marisa, ma la mente tornava alla visione delle due ragazze di sotto. Allora pensai ad altre mie fantasie erotiche, ad altre donne, a qualche scena porno che avevo visto. Magari avrei potuto guardarmi un video sul computer. Invece, spinto da qualcosa che non controllavo, mi alzai in piedi, andai alla finestra, scostai la tendina e guardai sotto. Sara e Silvia scherzavano tra loro ed i loro corpi sembravano completamente nudi. Il mio cazzo sborrò improvvisamente, sporcando per terra.

Grazie al calare della mia libido riuscii in quella mattina a completare il capitolo che stavo scrivendo, roso da un senso di colpa per aver fatto dei pensieri che sentivo di non dover fare.

2

Cucinai il pranzo e poi mi affacciai alla veranda che dava verso la piscina.

“Ragazze!” urlai. “È pronto da mangiare”

Nel giro di pochi istanti Sara e Silvia entrarono in cucina dove avevo apparecchiato. Non si erano rivestite e, come se niente fosse si sedettero a tavola. In topless e perizoma. Dopo aver ammirato i loro seni per qualche secondo (più piccoli quelli di Silvia e un po’ più abbondanti, ma non come quelli della madre, quelli di Sara) borbottai una rimostranza.

“Scusate, eh, ma non vi sembra il caso di vestirvi per mangiare?”

“Dai, Pa’, fa caldo.” sbuffò Sara. Lei si rivolgeva a me chiamandomi “Pa’” che ad un prima impressione sembrava essere l’abbreviazione di papà, ma non essendolo era in realtà l’abbreviazione del mio nome, Paolo. Anche Marisa spesso mi chiamava così. La cosa non mi era mai sembrata troppo ambigua, almeno fino a quei caldi giorni di luglio.

“No, non mi sembra il caso. Non è opportuno che restiate così… mezze nude… quando siete in casa.”

“Perché? Dai, siamo in vacanza! Siamo tra noi.” insistette Sara.

“Appunto, ci sono anche io quindi è il caso che vi rivestiate.”

“Le diamo fastidio?” intervenne Silvia con un sorrisetto che mi sembrò quasi provocatorio.

“Non è fastidio ma…” non sapevo come concludere la frase. Ero un po’ in imbarazzo anche perché quella situazione mi stava provocando una reazione fra le gambe che dovevo nascondere.

“Ma?” insistette Silvia che cominciai a considerare più furbetta di quel che pensavo.

“Ma sono pur sempre un uomo e sono fatto di carne e due ragazze mezze nude…” non sapevo bene cosa dire.

“Uffa. Che palle, Pa’.” mi interruppe fortunatamente Sara, alzandosi per andare a vestirsi, seguita da Silvia che però mi lanciò uno sguardo soddisfatto. Sembrava divertita dall’avermi provocato. Ma nello stesso tempo la sua gioventù la faceva apparire così spontanea e priva di malizia. Ero confuso. Ed eccitato. Per questo mi ero girato, dato che i pantaloncini potevano celare poco della mia erezione.

3

Il giorno dopo ero uscito per andare a fare un po’ di spesa in città. Quando tornai trovai le due ragazze sempre stese a prendere il sole ai bordi della piscina. Erano di nuovo senza la parte superiore del bikini, stese a pancia in su. Pur non essendo genitore la mia parte responsabile si sentì in dovere di fare un commento:

“Ragazze, mi raccomando, state attente a non scottarvi al sole. Siete giovani, non rovinatevi la pelle, soprattutto visto che state in topless. Vi siete messe la crema protettiva?”

“Sì, Pa’” rispose Sara.

“Sì, non si preoccupi. Ora magari ne rimettiamo un po’.” disse Silvia e si tirò su prendendo il tubetto ed iniziando a spalmarsi la crema sul seno sotto ai miei occhi, imitata da Sara.

Io rimasi qualche secondo di troppo imbambolato a guardarle. Erano provocanti e allo stesso tempo del tutto spontanee e naturali. Sembrava quasi che non si rendessero conto dei messaggi che lanciavano con il loro atteggiamento. Oppure erano già molto più maliziose di quel che credevo.

“Vuole mettercela lei sulla schiena?” mi chiese poco dopo Silvia rafforzando l’ipotesi che non fosse così innocente come sembrava.

“Siete in due, potete fare da sole.” risposi ridacchiando e rientrando in casa confuso.

4

Faceva caldo quella notte. Non riuscivo a dormire. Mi alzai e andai a fare un giro in giardino, per vedere se lì era un po’ più fresco. Camminai un po’ sull’erba facendo il giro della casa e poi arrivai alla piscina. Sobbalzai quasi di paura quando sentii un rumore e vidi, nella penombra, una testa uscire dall’acqua. Era Silvia. Si spostò i capelli dal viso tirandoseli all’indietro e mi salutò.

“Buonasera, Paolo. Caldo, eh? Mi sono buttata in acqua per rinfrescarmi.”

“Eh, hai fatto bene. Anche io sono uscito per prendere un po’ di fresco. In casa si muore.”

“Già. Dovrebbe tuffarsi anche lei. Qui si sta benissimo.”

“Ah, no, grazie. È sufficiente così.”

Lei nuotò fino ad aggrapparsi al bordo sotto di me.

“Mi ci voleva proprio.” commentò. “Ora sto meglio.”

“Vuoi una mano ad uscire?” le chiesi tendendole la mano visto che la scaletta era dall’altra parte.

“Ehm, no, meglio di no.” rispose lei un po’ titubante.

“Fai da sola?” chiesi io non capendo.

“No, è che… aspetto che lei se ne vada…”

“Perché…?” chiesi ma nel momento in cui chiedevo pensavo di aver intuito la risposta che lei però mi confermò senza remore.

“Mi sono tuffata senza niente addosso… non ho il costume… sono nuda…” mi sembrò che l’ultima parola la disse con una certa enfasi ma forse ero io che in quei giorni vedevo tutto sotto una certa ottica.

“Ah, scusa, me ne vado subito, così puoi uscire.”

“Grazie.” mi rispose col sorriso di una divertita dall’avermi messo in imbarazzo.

Mentre rientravo in casa girai un attimo la testa. Vidi il corpo di Silvia da dietro, bagnato e illuminato dalla luna, che usciva dall’acqua. Non vidi molto di più di quello che avevo già visto di giorno quando indossava il perizoma, ma era tutta la situazione ad essere più intrigante. Prima di riaddormentarmi mi tirai una sega.

5

Nel pranzo del giorno successivo le due ragazze erano entrate già coperte prima che glielo dovessi ripetere. Ma, e non capivo se lo stavano facendo apposta o no, erano paradossalmente più provocanti del giorno prima. Infatti si erano entrambe legate un pareo sul petto sopra i seni ma i parei erano parzialmente trasparenti e non mi ci volle molto per accorgermi che sotto si erano tolte anche la parte inferiore.

Probabilmente lo avevano fatto perché il costume era bagnato e invece di mettersene un altro si erano messe solo il pareo. Ma era invece possibile che lo avessero fatto per provocarmi? Dal loro atteggiamento non sembrava. Si muovevano con naturalezza e forse non avevano pensato che il tessuto fosse non del tutto coprente. Mi domandai se mostrassero la stessa naturalezza nell’esporre i loro corpi anche con i loro coetanei. Pensai a quando io avevo la loro età e dei corpi delle mie amiche avevo visto ben poco. Invidiai i loro compagni, se anche con loro apparivano così disinibite.

Fui io a muovermi goffamente e a cercare di nascondermi durante tutto il pranzo, per celare a loro il rigonfiamento dentro ai miei pantaloncini, causato anche da una visione fugace che avevo avuto di Sara, mentre si alzava per prendere qualcosa. Le si era aperto un po’ il pareo e davanti ai miei occhi era comparso il suo pube, totalmente rasato. Ero arrossito, forse, e mi ero girato verso Silvia per capire se avesse notato qualcosa. Per fortuna stava guardando il suo piatto.

6

Ero soddisfatto. Ero riuscito ad estraniarmi da tutto e a scrivere diverse parti complicate del mio libro. Era pomeriggio e il mio studio era in penombra dato che avevo chiuso quasi completamente le imposte per non far entrare il caldo. Mi lasciai andare all’indietro sulla sedia, sospirando per l’impegno, e con la coda dell’occhio vidi qualcosa di anomalo sulla porta della stanza. Sobbalzai per la sorpresa.

C’era Silvia appoggiata allo stipite della porta. Mi guardava.

“Oh, mi scusi, non volevo spaventarla.”

“Ah, no, niente, non ti preoccupare, semplicemente non ti avevo visto.”

“Mi sono accorta che era concentrato. Cosa sta facendo?” avanzò verso di me entrando nella stanza. Era a piedi nudi e indossava una maglietta un po’ lunga che le arrivava appena all’inizio delle cosce.

“Sto scrivendo. Un libro.” dissi cominciando a sentirmi un po’ a disagio per la presenza della ragazza.

“Un romanzo?” chiese lei curiosa.

“No, no. Un saggio. Sai, sugli argomenti che insegno.”

“Ah, capisco.” disse quasi delusa. Poi aggiunse, cambiando discorso: “Sara sta dormendo, eravamo andate un po’ in camera a riposarci ma io non avevo sonno. Quindi sono venuta qui a vedere cosa stava facendo.”

Nel dire queste parole si avvicinò ulteriormente a me, mettendosi tra me e la scrivania ed appoggiandosi ad essa. Si muoveva lentamente e mi guardava intensamente. Fosse stata una donna della mia età non avrei equivocato quell’atteggiamento: sembrava palesemente un approccio sessuale. Ma con lei non riuscivo ad interpretare bene e forse avevo timore nel farlo.

Ma Silvia mi tolse gran parte dei dubbi.

“Le piaccio?” mi chiese con aria più timida di quella mostrata fino a quel momento.

Deglutii nervosamente.

“Sei… sei una gran bella ragazza.”

“Anche lei è un bell’uomo, sa?”

“Grazie.”

“Anche Sara lo pensa.” aggiunse mettendomi ulteriormente a disagio. Perché quel riferimento alla mia figliastra?

Non seppi cosa replicare.

“Non ho niente sotto la maglietta.” disse Silvia. “Vuole vedere?” fece il gesto di sollevarla.

“Non credo sia il caso.” la fermai.

“Perché?”

“Perché sei l’amica di Sara. Sara è la figlia della mia donna. E io ho più del doppio della tua età.”

“E quindi? Sono maggiorenne, sa?”

“Sì lo so, ma…” era incredibile come fossi in difficoltà di fronte a quella ragazza. Probabilmente era perché la mia razionalità contrastava con gli istinti che sentivo. Il mio cervello mi diceva una cosa e il mio cazzo un’altra. E ho conosciuto pochi uomini in cui il cervello ha la meglio contro una poderosa erezione.

“Io invece vorrei vederla nudo.” mi disse Silvia spiazzandomi ulteriormente.

“Pe.. perché?” balbettai.

“Per vedere se quello che dice Sara è vero.”

“Cosa dice Sara?”

“Dice che l’ha spiata diverse volte. Aveva sentito la madre che ne parlava al telefono con una amica.”

“Parlava di cosa?”

“Di quello che ha fra le gambe. Ne lodava le misure e allora Sara ha iniziato a spiarla ogni volta che poteva. Anche perché diceva che vi sentiva quando facevate sesso e la madre sembrava sempre molto contenta.”

“E… e ci è riuscita?” domandai sconvolto da queste rivelazioni ma ormai curioso di sapere tutto.

“Sì. Mi ha detto che a volte l’ha vista anche mentre si masturbava sotto la doccia.”

“Ma…”

“Allora me lo fa vedere? Sono curiosa.”

Mentre parlava Silvia aveva portato una mano fra le gambe e si stava toccando in modo lieve. Io mi alzai, per guardarla dall’alto in basso, per riprendere in mano la situazione, per riacquistare su di lei l’autorità di persona adulta. Ma non seppi cosa dirle e rimanemmo a guardarci per un attimo. Poi entrambi guardammo in basso verso la mia erezione che tendeva i pantaloni. Senza aggiungere altro lei infilò le dita sotto l’elastico dei miei boxer. E li abbassò abbassandosi a sua volta.

Rimasi lì, in piedi. Mentre una ragazza di diciannove anni osservava da vicino il mio membro eretto. Aveva ragione Marisa ad elogiarlo con la sua amica. Aveva ragione Sara ad essere rimasta soddisfatta da quello che era riuscita a intravedere. In effetti avevo un cazzo di buone dimensioni.

“Posso toccarlo?” chiese Silvia quasi intimidita ma molto sorridente.

La presi per le spalle e la tirai su.

“Meglio di no, Silvia. Non è il caso.”

Sembrò delusa ma poi cambiò espressione. Sembrò rilassata. Sospettai che avesse intuito che la cosa non sarebbe finita lì. Quello era stato un primo passo e nei giorni successivi sarebbe successo altro. Anche io sapevo che sarebbe stato così, ma cercai di non pensarci. Volevo negare l’evidenza ma avevo una voglia matta di scopare quella ragazza. Rifiutavo il pensiero perché questo se ne portava dietro altri che coinvolgevano l’altra occupante di quella casa.

7

“Senti, Pa’, domani passa a trovarmi Francesco. Mi sa che poi si ferma a dormire qui. Non è un problema, vero?” mi chiese quella sera Sara.

“Francesco? E sarebbe?” chiesi sospettoso.

“Il mio… un mio amico.” notai una esitazione sull’ultima parola.

“Solo amico?” indagai.

“Beh… più o meno.” sorrise imbarazzata.

“Tua madre lo sa?”

“Sì.” mi rispose con una convinzione che sembrava falsa.

“Ok. Va bene.” le risposi controvoglia. D’altronde era comunque maggiorenne, poteva fare quello che voleva anche se, vivendo ancora in casa con noi, i rapporti tra noi erano ancora simili a quelli tra genitori e adolescenti.

Vennero in realtà diversi amici a trovare le due ragazze. Altri ragazzi e ragazze che passarono la giornata in piscina. Notai come Sara e Silvia quel giorno rimasero sempre in bikini e non si mostrarono dunque così poco pudiche come quando erano da sole con me.

Non potendo lavorare a causa della confusione decisi di prendermi una mezza giornata di pausa e guidai fino al mare, per andare a trovare Marisa.

8

Tornai tardi, il viaggio non era breve, e rientrai in casa che era quasi mezzanotte. Trovai Silvia ancora sveglia che guardava la TV in salotto.

“Ciao.”

“Ah, bentornato.”

Andai nella mia camera, per prepararmi per andare a dormire. Quando ero quasi pronto sentii bussare. Era Silvia.

“Sssh, mi segua, voglio farle vedere una cosa.”

Mi trascinò per la casa ed io mi lasciai trasportare pur sapendo che probabilmente non era nulla di buono quello in cui mi stavo cacciando. Mi intimò ripetutamente di non fare rumore e mi condusse fino alla porta della camera di Sara, che era accostata e da essa usciva una luce flebile.

“Guardi.” mi sussurrò scostando un pochino di più la porta.

Guardai dentro e vidi quello che dovevo aspettarmi da una come Silvia: c’erano Sara e quel ragazzo che doveva dormire da noi sul letto, illuminati dalla luce della abat-jour. Erano entrambi nudi. Lui era appoggiato sulle ginocchia con la schiena dritta mentre lei era chinata su di lui e gli stava succhiando il cazzo. Era una scena come tante ma il fatto che avvenisse lì davanti a me e soprattutto che fosse coinvolta la figlia della mia compagna la rendeva così proibita da renderla eccitante.

Guardai Silvia che sembrava molto divertita dall’avermi coinvolto. La afferrai per una spalla e mi spostai con lei da davanti a quella porta.

“Perché mi hai fatto vedere questo?” le chiesi a bassa voce ma con tono arrabbiato.

“Perché è una cosa bella, no? Mi sembra che le piaccia.” disse indicandomi tra le gambe.

Me ne andai, incazzato. Ma più che con lei ero incazzato con me stesso. Perché facevo cose che non dovevo fare ma mi rendevo conto che volevo farle.

9

Al mattino preparai la colazione. Arrivò Silvia, spettinata e assonnata.

“I due piccioncini dormono ancora e secondo me dormiranno a lungo.” mi disse con tono sarcastico.

“Ma è il suo ragazzo? Non sapevo avesse un ragazzo.”

“Non è il suo ragazzo.” rispose lei.

“Beh, quello che facevano ieri…” iniziai poi mi morsi la lingua per aver riesumato quella situazione.

“Non è necessario essere fidanzati per fare quelle cose…” ridacchiò Silvia.

Io cercai di cambiare discorso. Le chiesi cosa volesse per colazione, ma lei continuò.

“E poi si è perso il meglio ieri sera, se non se ne fosse andato subito…”

Non replicai, sperando che la chiudesse lì, ma invano.

“Dopo hanno scopato. Un po’. Poi hanno fatto altro. O meglio ci hanno provato.”

“Ma Sara sa che la spii?” provai a metterla in difficoltà.

“Non sa che ieri sera l’ho guardata. Ma altre volte sì. Le piace.”

“Vuoi il caffè?” provai a cambiare discorso.

“Le piace essere guardata. Anzi credo che in fondo ieri sperasse di essere spiata. Forse non solo da me, visto che ha aspettato che lei tornasse a casa per iniziare con Francesco.”

“Cosa stai dicendo?”

“Me lo ha detto a volte che le sarebbe piaciuto essere spiata da lei.”

“Da me? Te lo stai inventando. Ti piace provocarmi.” provai a ribattere.

“Non sa quante volte mi ha parlato di lei. Di come la spia mentre lo fa con sua madre. Di come vorrebbe essere al posto suo…”

“Che cazzo dici? Smettila.”

“Vuole farmi stare zitta? C’è un modo per farlo…” lo disse con tono inequivocabilmente malizioso mentre iniziava a sollevarsi la maglietta mostrandosi nuda sotto.

Non ce la facevo più a resistere a tutte quelle provocazioni. La presi per mano e la trascinai in camera, così come era: nuda. La spinsi sul letto.

“Cosa vuoi fare?” le chiesi.

“Si spogli. Mi faccia provare quel suo cazzo.”

“Senti, smettila di darmi del lei. Già è strana questa situazione, non renderla ancora più strana dandomi del lei. Dammi del tu.”

“Ok, peccato. Era divertente. Potevo chiamarti anche paparino se ti piaceva.”

“No, ecco. Evitiamo queste cose. Già così è difficile.”

“Non mi sembra difficile.” disse abbassandomi pantaloni e mutande e liberando il mio cazzo svettante. “Però voglio che mi insegni. Voglio imparare da un uomo esperto come devo succhiare il cazzo.”

“Lo sai che sei proprio un puttanella.”

“E non sono io quella più troia…” insinuò prima di afferrare la base del mio cazzo e ingoiarne la punta.

Mi fece un lungo pompino, pieno di leccate e di saliva. Ogni tanto si fermava per chiedere se stava facendo bene. Dovetti correggerla poco se non per dirle di rallentare quando mi stava portando troppo vicino all’orgasmo. Volevo godermelo quel momento. Era brava pur non avendo l’esperienza di una mia coetanea.

Ero steso di schiena sul letto e Silvia era chinata su di me che cercava di ingoiare più cazzo che poteva. Ad un certo punto lo lasciò andare, quasi affaticata.

“Vado bene, sono brava?”

“Sì, sei brava. Ora magari dedicati un po’ alle palle.”

“Come? Così?” chiese tenendole fra le dita.

“Sì, ma anche con la lingua… ecco, così… brava… prendine anche una in bocca, piano, delicatamente… mmm”

Ripensai ai pompini che avevo ricevuto alla loro età. Non avevo mai avuto nessuna che fosse in grado di farli così come lei. Invidiai nuovamente i suoi coetanei, non tanto per l’età ma per le ragazze con cui avevano a che fare.

“Puoi andare anche più giù se vuoi…” le dissi sollevando le gambe ed esponendo le mie parti più intime.

“Davvero? Anche lì? Ti piace?”

“Certo che mi piace. A te non piace? Non ti hanno mai leccato lì?”

“Sì, uno me l’ha fatto una volta. Diceva di averlo visto in un porno. Voleva leccarmi lì prima di penetrarmi.”

“E poi ti ha penetrato?”

“Ha provato, ma mi ha fatto male. Troppo violento.”

“Non sapeva fare. I ragazzi sono troppo irruenti. Pensano che siate delle attrici porno.”

“Dopo mi insegni anche quello?”

Non mi diede tempo di rispondere perché andò con la lingua ad umettare la zona del mio ano. Stavo impazzendo. Il fatto che a farmelo fosse una ragazza così più giovane di me aggiungeva al tutto una sfumatura così perversa che…

“Prova a infilarci le dita…” mormorai.

“Davvero?”

“Sì…”

Venni in quel momento. La situazione era folle. Io uomo più che quarantenne che mi tenevo le gambe aperte mentre una ragazza, amica della figlia della mia compagna, mi infilava un paio di dita nel culo e mi ingoiava il cazzo che intanto le stava schizzando copiosamente in gola.

10

Quella giornata, dopo quello che era successo al mattino, avevo cercato di evitare contatti con le due ragazze. Tutta l’eccitazione si era trasformata in senso di colpa e in timore. Sara e Silvia sembravano così complici anche su quegli aspetti. Silvia avrebbe raccontato cosa era successo? O le avrebbe detto che io l’avevo vista fare un pompino al suo amico?

In casa si respirava un’aria di libertinaggio che non c’era nei giorni precedenti. Le due ragazze in piscina si erano messe completamente nude, incuranti che le potessi vedere. Io non mi feci vedere ma ogni tanto le spiai dalla finestra. Sembravano ancora più unite che nei giorni precedenti. Stavano più vicine, si toccavano e abbracciavano di più. Sarà stata la nudità ma evocavano continuamente situazioni lesbo.

Il mio cazzo era costantemente duro ed io ero disperato. Come potevo uscire da questa situazione? Volevo godermela ma avrebbe portato soltanto a qualcosa di disastroso. Passati questi giorni come avrei potuto continuare a stare sotto lo stesso tetto con la mia donna e la sua figlia così provocante? Non potevo contare su nessuno per risolvere questa questione, tanto meno sulle due ragazze che anzi, la complicarono ulteriormente.

Si presentarono entrambe nel mio studio, nel primo pomeriggio.

“Dobbiamo parlare.” esordirono, come a volte mi ero sentito dire da alcune mie fidanzate quando avevo combinato un casino o quando i rapporti si erano logorati.

Quando uscirono dal mio studio mi misi la testa fra le mani. Ero finito in una situazione assurda.

Le due ragazze, tutt’altro che innocenti, mi stavano in qualche modo usando. Non so quale complesso psicologico le spingesse a comportarsi così ma era evidente che la mia figura di uomo più maturo e anche in qualche modo legato alla madre di una delle due fosse per loro fonte di attrazione e fantasia sessuale.

Mi avevano posto di fronte ad un quasi ricatto. Se non le accontentavo potevano far sapere a Marisa cosa era successo. Che mi ero quasi scopato, dunque tradendola, l’amica di sua figlia e che avevo spiato sua figlia mentre faceva un pompino ad un amico. Certo, avrei potuto cercare di spiegare tutta la vicenda ed esentarmi in parte da alcune colpe. Ma io ero quello maturo, loro le due ragazze. Chi avrebbe avuto la peggio?

A rendere il tutto più paradossale era che ciò che volevano che facessi era una cosa che avrebbe alimentato le mie fantasie erotiche per sempre. Una cosa proibita, indecente ma proprio per questo così attraente.

Mi raccontarono di come Francesco, l’amico, la sera prima avesse per l’ennesima volta provato a praticare sesso anale con Sara, non riuscendoci per mancanza di tatto e pazienza e provocando un blocco nella ragazza. Da me volevano che assumessi il ruolo di quello esperto e capace in queste cose. Sapevano che con Marisa lo facevo spesso. Sara ci aveva spiato molto più di quello che pensavo. Conosceva le nostre abitudini a letto, sapeva di come io amassi inculare la mia donna e di come lei godesse di questa pratica. E Sara inoltre aveva da sempre un debole per me, un’attrazione quasi morbosa verso l’uomo di sua madre e l’aveva trasmessa anche alla sua amica.

Dunque avrei dovuto inculare la mia figliastra e poi anche l’amica. Certo, ci sono cose peggiori nella vita, ma dopo questo cosa sarebbe successo? Avrebbero continuato a pretendere cose da me? E io sarei stato capace di fermarle o no?

In quel momento squillò il telefono. Era Marisa. Risposi con tono spaventato, come se lei da distanza avesse potuto sapere già tutto.

Invece mi chiamava semplicemente per dirmi che, a sorpresa, sarebbe tornata a casa e avrebbe passato la notte lì, prendendosi una pausa dal lavoro.

Andai dalle ragazze a dare questa notizia. Pregandole di mantenere un atteggiamento normale.

Il problema, se così si poteva chiamare, insomma, era rimandato di un giorno.

11

“Mmh, quanto mi è mancato questo in questi giorni…” disse Marisa afferrando il mio cazzo e portandoselo nuovamente tra le sue gambe, dopo che già l’avevo scopata più volte quella sera.

“E a me è mancato il tuo culo…” le sussurrai nell’orecchio.

“Davvero? Mi hai pensato? Ti sei masturbato pensando a me?”

“Sì…”

“Non mi hai tradito con qualcuna, vero?” Marisa era gelosa, mi fece questa domanda in modo scherzoso, ma sotto c’era una vera paura.

“E come potrei? Sono qui da solo. Tu piuttosto, con tutta quella gente in albergo, non c’è nessuno con cui mi potresti aver tradito?” io ero meno geloso, mi intrigava l’idea che lei fosse attratta da altri e glielo facevo confessare.

“Mmh… no, non c’è nessuno come te…”

“Davvero? Sai che puoi dirmelo…”

“Uhm… magari uno dei camerieri… è così bello, così fisicato…”

“Ti sei immaginata con lui?”

“Ogni tanto… ma è così giovane… potrei essere sua madre… non potrei andare con uno come lui… preferisco te… preferisco il tuo cazzo… dai, dammelo…”

Quella battuta sulla differenza di età per un attimo mi fece vacillare vista la mia situazione. Ma cercai di riprendermi subito.

“Dove lo vuoi?” le chiesi

“Dove piace a me…”

“Ok, allora girati.”

La feci mettere a pecorina. Poi puntai il cazzo sul suo sfintere anale, mi puntellai sui piedi e tenendo le gambe piegate mi spinsi dentro di lei. Iniziai così a sodomizzarla, prima con movimenti lenti e profondi e poi più veloci. Mentre lei godeva e tratteneva le grida di piacere mi voltai a guardare verso la porta socchiusa. Non scorgevo nulla nel buio ma sapevo che al di là di quella fessura c’erano quattro occhi che osservavano e si immaginavano di essere al posto della mia donna.

12

Marisa ripartì la sera dopo. Per un attimo pensai di essermi guadagnato un giorno di tregua ma appena andai a letto si presentarono nella mia stanza le due ragazze. Indossavano completini intimi così audaci che non pensavo neanche che li possedessero e scarpe col tacco. Erano più donne che ragazze.

Io non pensai alle conseguenze, pensai soltanto al vivere quel momento. Cercai di astrarmi dal contesto. Immaginai solo di essere un uomo che faceva sesso con due donne. Per quanto ero giovani e belle cercai di pensare che fossero due escort che avevo pagato. Ma c’era una cosa che continuamente mi riportava alla realtà.

Il corpo e il viso di Sara erano quelli di Marisa. Un po’ meno curve, fianchi un po’ meno larghi e seno meno abbondante. Il culo era ugualmente fantastico, stessa forma perfetta. La giovane aveva le natiche meno piene ma più sode, ovviamente, e ricordo che pensai che non era necessariamente un pregio. Ma forse la somiglianza fisica avrei anche potuto fare finta di non notarla. Ma c’erano altre cose che erano evidenti e inequivocabili.

Le espressioni che faceva. I mugolii che emetteva. I punti che la facevano vibrare. Il modo in cui girava gli occhi all’indietro. Le urla di piacere. Quel sorriso appena dopo un orgasmo. L’indole da porca. Tutto. Tutto in Sara era uguale a Marisa. Stavo scopando la mia compagna trent’anni più giovane.

E lei, la puttanella, si stava facendo scopare, si stava facendo togliere la verginità anale, dall’uomo di sua madre. In questo era decisamente più porca di lei e questo mi faceva impazzire. Non era tanto il piacere che lei e la sua amica diedero al mio cazzo, ma era lo scoprire le loro due menti perverse. L’accorgersi che così giovani erano già così troie e il pensare quante altre porcate si sarebbero inventate.

13

L’indomani per Silvia era l’ultimo giorno ospite in casa. Lei e Sara, sempre inseparabili, sarebbero partite per un viaggio con amici, ed io sarei così rimasto del tutto solo a casa a finire finalmente il libro, in tranquillità.

Io nel salutarle provai a convincerle che quello che era successo sarebbe dovuto rimanere come una cosa unica, irripetibile e di cui ognuno di noi non avrebbe più dovuto parlare con nessuno. Sembrarono quasi convincersi ma poi Silvia ci tenne a farmi sapere una cosa:

“Ho il video di te che inculi Sara.”

“È una minaccia? È un ricatto?”

“No, è solo per farti sapere che ci divertiremo ancora.”

Quando se ne andarono pensai a come avrei risolto quella situazione. E capii che l’avrei risolta come qualsiasi uomo con un cazzo funzionante. Non avrei affrontato il problema e avrei soltanto cercato di trarne più piacere possibile. In attesa della catastrofe, sperando di evitarla per sempre.

2 Replies to “Le ragazze”

  1. Il racconto è bello, senza dubbio..
    Ultimamente però noto una certa tendenza al ‘soft’, pochi dettagli visivi, molte allusioni.
    Tutto ciò toglie un po’di carica sessuale, diversamente dai racconti dei primi anni.
    Mia impressione, sia chiaro..

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